Le Upanishad sono paragonate ad una mandria di mucche,

Il Signore, Krishna, figlio di un pastore, è il loro mungitore,

Arjuna è il vitello, il supremo nettare della Gita è il latte,

e il saggio dall’intelletto purificato

è colui che lo beve.

“A meno che non si comprenda la varietà spirituale, non si possono capire i passatempi trascendentali del Signore. Nella Brahma-samhita si dice che tutto quello che riguarda Krishna, il Suo nome, la Sua forma, le Sue qualità, i Suoi passatempi, il Suo ambiente e ogni altra cosa, sono tutti ananda-cinmaya-rasa: ovvero tutto è composto di beatitudine spirituale, conoscenza ed eternità. Non c’è fine al Suo nome e alle Sue forme, a differenza del mondo materiale dove tutte le cose hanno una fine. Come è indicato nella Bhagavad-gita, solo gli sciocchi Lo deridono, mentre Shankara, il più grande tra i filosofi impersonalisti, adora Lui, le Sue mucche e i Suoi passatempi come figlio di Vasudeva e Colui che dà piacere a Devaki.”

(Dalla meditazione di Sripada Sankaracarya sulla Bhagavad-gita, citata nella rivista Back To Godhead)

 

Dalla vita di Srila Prabhupada

Il mio gurudeva [Srila Bhakti Rakshak Sridhara Maharaja] mi disse che in sua assenza avrei dovuto andare ogni giorno alle lezioni di Swamiji per studiare la Gita. A quel tempo, stava traducendo e consultava i commenti di Sri Baladeva Vidyabhushana, Srila Vishvanath Chakravarti Thakur e Srila Sridhar Swami. Stava scrivendo la Bhagavad gita così com’è. Ogni sera scriveva delle nuove pagine e poi al mattino seguente mi spiegava i versi. Il mio gurudeva mi disse che sarebbe stato molto buono per me, e sarebbe stato buono anche per lui aiutarmi. Avrebbe avuto uno studente e io avrei avuto un maestro. In quel periodo teneva le lezioni in bengalese perché io non sapevo ancora leggere in inglese. Il suo speciale l’obiettivo allora era quello di demolire i mayavadi. Egli ha dimostrato come la Gita mostri i passatempi eterni e trascendentali di Krishna, e che lo splendore del Brahman non lo è lo scopo della vita.

(Ricordo di Srila Bhakti Sundar Govinda Dev Maharaja. Dal libro di Mulaprakriti Dasi, Our Srila Prabhupada, a friend of all)

 

Possiamo scrivere tante Gita

Il Bhagavatam, Il nettare della devozione e la Sri Caitanya-caritamrta: quelli erano i libri necessari. A parte questo, tutto il resto era in più. Una volta mi trovavo nella stanza di Prabhupada a New York, quando Radhaballabha chiese a Prabhupada: “Poi dopo che finirai il Bhagavatam, quali libri vorrai tradurre?” Prabhupada disse: “Oh, forse il Sat Sandharbha di Jiva Goswami, o il Vedanta-sutra, o la Bhagavad-gita. C’è così tanto.” Qualcuno disse: “Ma Prabhupada, tu ha già fatto la Bhagavad-gita.” Prabhupada disse: “Ci sono così tanti commenti. Abbiamo fatto una piccola parte.” Poi disse: “Ramanujacharya, Madhvacharya, ognuno ha dato un commento della Gita. Potrei fare molte Gita, non solo una.” Quindi questa era la sua concezione.

(Pradyumna das, tratto da Remembrances, Anedoctes of a Modern-Day Saint, volume 2,  capitolo 16. Siddhanta Das. ITV.)

 

Tre edizioni della Gita pubblicate da Srila Bhaktivinoda Thakur

Nel 1886 Srila Thakur Bhaktivinode pubblicò una versione della Bhagavad-gita che aveva curato personalmente e che includeva il commento sanscrito di Srila Vishvanath Chakravarti Thakur intitolato Sarartha-varsini. Il libro includeva l’introduzione di Bhaktivinoda in bengalese, e per ciascun verso sanscrito della Gita, compose uno suo commento alla traduzione bengalese intitolato Rasikarañjana. Nel 1891, Bhaktivinoda curò e pubblicò un’altra edizione che includeva il commento in sanscrito di Srila Baladeva Vidyabhushana dal titolo  Gita-bhusana, con il commento in bengalese di Bhaktivinoda a cui diede il nome Vidvad-ranjana. Poi di nuovo nel 1898 Bhaktivinoda pubblicò una edizione della Gita che includeva il commento in sanscrito conosciuto come Dvaita-bhāṣyam di Srila Madhvacharya.

(Tratto da A Bibliography of the Literary Works of Srila Thakur Bhaktivinoda 1838-1914, compilato da Dasarath Suta Das.  Nectar Books. Union City, Georgia USA)

I brani che avete letto sono tratti dalla rivista online Kathamrita Bindu (numero 536) curata da Madhavananda prabhu e Krishnakund mataji.