In una recente lezione al meraviglioso Krishna Balarama Mandir, a Vrindavana, Mukunda datta prabhu ha parlato dell’importanza di accogliere gli ospiti e di trattarli nel miglior modo possibile. Ha citato Srila Prabhupada: “Quando un ospite viene nella nostra casa, anche se fosse nostro nemico, dovremmo trattarlo come un amico.” Trattare un ospite in modo sgarbato è una grave mancanza. Almeno dovremmo provvedere al nostro ospite un luogo in cui sedersi, un bicchiere d’acqua e delle parole gentili. Anche la persona più povera può farlo. Ma quello che conta di più è la nostra buona attitudine. E se dobbiamo trattare bene gli ospiti che vengono nella nostra casa, che dire delle persone che visitano i nostri templi! Sono venuti nella casa di Krishna! Sono certamente anime speciali, li accogliamo calorosamente e ci prendiamo cura di loro nel miglior modo possibile.

Mukunda datta ha continuato: “Una volta Krishna andò a visitare uno dei suoi devoti, Vidura. In quel momento Vidura non era a casa e sua moglie aveva solo alcune banane da offrire, ma era così sopraffatta dall’amore e così confusa che sbucciò la banana e invece di dare a Krishna il frutto gli diede la buccia! Krishna accettò la buccia, la mangiò e le disse di non aver mai assaggiato niente di migliore. Krishna era molto felice del suo amore.”

Poi Mukunda datta Prabhu ci ha narrato la storia del re Rantideva. Il re stava per terminare il suo lungo digiuno quando un brahmana entrò nella reggia e chiese del cibo. Il re Rantideva gli diede qualcosa dal suo piatto. Poi mentre stava per mangiare si presentò un sudra e chiese anche lui qualcosa da mangiare e il re Rantideva gli diede ancora parte del suo pasto. Poi apparve un candala che disse di avere fame. Il re gli diede tutto quello che aveva. Ora non era rimasto più nulla, tranne che un po’ d’acqua. In quel momento un cane assetato entrò nel palazzo. Il re gli diede da bere tutta l’acqua e poi pronunciò questa preghiera:

“O Signore, non mi importa di avere qualche ricompensa in questo mondo, né mi interessa avere alcun tipo di potere. La mia unica preghiera è che Tu mi dia  la capacità di comprendere la sofferenza degli altri e di avere la possibilità di servirli. Che io possa non essere mai indifferente ai loro dolori e alle loro sofferenze. Fammi Tuo strumento per dar loro sollievo, per renderli felici.”

Mukunda datta: “Nei Veda è detto che non si può mai sapere chi può entrare nella nostra casa, potrebbe forse essere un deva o una dea che vengono dai noi in incognito, persino Dio stesso potrebbe venire a trovarci. Potrebbero venire da noi per vedere come ci comportiamo, per metterci alla prova, per vedere come trattiamo gli altri; quindi è nostro dovere, e ancora di più, dovrebbe essere il nostro piacere, trattare tutti con affabilità e parole gentili.”

Stavo traducendo la lezione per delle devote in visita, e in quel momento  avviene qualcosa di curioso. Un uomo indiano di circa 40 anni è entrato nel tempio. Aveva un viso luminoso e intelligente; camminava a fatica con l’aiuto di un bastone, le sue gambe erano piccole e deformi, ed era alto poco più di un metro. Mi sono rivolto alle devote dicendo loro: “Guardate quell’uomo, non è a caso che sia entrato proprio adesso nel tempio, Mukunda datta ci ha appena spiegato che dobbiamo onorare gli ospiti, e che non possiamo veramente sapere chi può essere quella persona.” Un moto di simpatia appare in me nel vedere quell’uomo apparentemente meno fortunato di noi: “E’ nostro ospite, ed è venuto a casa di Krishna; è certamente un’anima speciale.”

Poi ho ricordato un bellissimo verso della Bhagavad Gita:

“Colui che non è invidioso di nessuno, ma si comporta con tutti come un amico benevolo… Mi è molto caro.”

(Bhagavad gita. cap. 12, versi 13-14)

Sajjana Ashraya das