Conosciamo gli espedienti letterari delle similitudini e delle metafore. In una similitudine, possiamo dire qualcosa come: “L’aria estiva era calda come quella di una fornace”, ma in una metafora non confrontiamo semplicemente due cose, ma descriviamo l’una come l’altra, come nella poesia di Sandburg: “La nebbia appare come le zampette di un gatto. Si siede guardando il porto, la città e sue alture silenziose, e poi si sposta.”

Il linguaggio della metafora e della poesia è il linguaggio dell’emozione e dell’amore. Nel film italiano “Il Postino”, il grande poeta cileno Pablo Neruda, che soggiorna su una remota isola italiana, esule dalla dittatura del generale Pinochet, insegna a usare la metafora a un semplice, povero e timido postino innamorato come mezzo per conquistare il cuore della sua bella. Allo stesso modo, nel dramma di Rostand “Cyrano di Bergerac”, un eroe dal brutto aspetto aiuta un bel soldato a conquistare il cuore di una bella ragazza con la poesia, sebbene in “Cyrano” anche l’eroe-poeta ami quella ragazza.

Nella nostra cultura moderna, pensiamo alla metafora come a un dispositivo poetico, distinto dalla realtà. Abbiamo un concetto di realtà prosaica e del poeta come interprete creativo o descrittore di temi emotivi poco reali, solo “immaginari”. Questo fa parte del modo in cui le persone moderne hanno imparato a vedere la realtà. Valori e qualità, personalità, emozioni e moralità, sono stati dissanguati dal “reale”, lasciandoci solo la massa e la forza, lunghezze d’onda e particelle che si muovono nello spazio e nel tempo (o nello spazio-tempo). Questo aspetto del modernismo è anche all’opera nel dilemma tipicamente moderno tra scienza e religione come autorità rivali in materia di conoscenza e verità. Gli atei vedono la religione e la superstizione come errori persistenti che possono essere accettati dalla psiche umana ma sono comunque errati.

Nella cultura dello Srimad-Bhagavatam, non c’è questa spaccatura tra la realtà prosaica e la metafora poetica. La realtà in effetti è molto più incantata, magica e strana della nostra moderna concezione scientifica e meccanicistica. Le cose che consideriamo concetti – come la paura, l’amore, l’intelligenza, il decadimento e così via – sono in realtà esseri viventi che possono interagire con altri esseri simili. L’universo è pieno di demoni, dei, fantasmi, folletti, saggi, yogi, siddha, gandharva, carana, apsara, umani, animali, piante e ogni tipo di esseri mistici. Non sono simboli scaturiti dall’immaginazione di un artista umano, che a sua volta è scaturito da interazioni chimiche casuali e senz’anima. Sono esseri viventi reali, anime che si esprimono attraverso diversi tipi di corpi reali (molti dei quali sono impercettibili alla visione limitata degli umani).

Nella mitologia greca originale, i poeti e i compositori di inni e poemi epici dovevano essere veggenti o oracoli che potevano spiegare le situazioni ultraterrene grazie alla loro speciale sensibilità. Tuttavia nella cultura classica greco-romana si arrivò a un punto nel quale i poeti materialisti si sentirono liberi di fare un uso creativo delle vecchie storie degli dei, proprio nel modo in cui i romanzieri moderni utilizzano metafore e opere d’arte allegoriche.

La cultura letteraria europea ha mantenuto la tradizione di estrarre del simbolismo dai pantheon pagani (non solo dei greci e dei romani, ma dai norvegesi, dai teutonici e così via) questo, molto tempo dopo e anche accanto alla cristianità, fino ai giorni nostri. Nessuno pensa che Dante, Shakespeare, Milton, Shelley o Wagner siano stati veri e propri veggenti che hanno descritto la sacra realtà fatta di dei e demoni, ma che siano stati artisti di talento che utilizzavano questi simboli e metafore in modi efficaci, potenti ed esteticamente sofisticati, nel fantasioso, immaginario mondo della letteratura.

(Eppure l’arroganza eurocentrica, mescolata allo spirito colonialista e imperialista, spesso ridicolizzava le tradizioni religiose e magiche di culture non europee, presumibilmente “inferiori”. Anche quando incontrarono l’India vedica, i coloni furono in gran parte costretti dai politici e dai pregiudizi a considerare inferiore quella cultura che era molto più antica e sofisticata, anche se giustificavano le loro imprese imperialistiche come una missione filantropica per portare il cristianesimo a degli ottusi e selvaggi idolatri.)

Ma la cultura dello Srimad-Bhagatavam è molto più profonda e antica della cultura europea classica o moderna.* Qui realtà e letteratura, scienza, storia, filosofia e religione si intersecano. Certo, ci sono passaggi allegorici e metaforici, e ci sono anche significati metaforici o allegorici per avvenimenti realmente accaduti (perché la vita imita l’arte, o in realtà è arte). Ma Vyasadeva, come spiega Narada Muni nel Primo Canto, era dotato del potere di descrivere i lila della Personalità di Dio e della Sua creazione materiale in un modo che dà vita alla realtà, ci illumina, purifica la nostra coscienza e cancella dubbi e illusioni. Non è semplicemente un artista o un veggente molto dotato; è un’incarnazione di Dio che crea un’opera letteraria che è “Dio in forma letteraria”, realizzata in modo tale da mostrare il vero volto della Verità Assoluta al sincero devoto-lettore.

Considerando che la nostra comprensione della cosiddetta realtà storica o scientifica è molto limitata, difettosa e imperfetta, filtrata com’è, attraverso la nostra coscienza condizionata, contaminata e macchiato dal nostro falso ego, la nostra idea errata di identificazione con le nostre menti materiali, i corpi e i sensi.

*[Nel “Timeo” di Platone, un sacerdote egiziano disse al saggio greco Solone che i greci erano “bambini”, che tutte le loro credenze e scienze non erano che idee nuove e immature. Naturalmente, gli umanisti moderni applicano le loro tecniche moderne per presentare un’immagine dello Srimad-Bhagavatam come composto in uno stadio successivo della storia indiana, con aggiunte di nuovi concetti post-buddisti su una religione e filosofia vedica più antica. Ma come si sono qualificati tali studiosi per studiare e comprendere i Veda, che dire del frutto maturo dell’albero dei desideri della letteratura vedica che è il Bhagavatam? Il loro intero approccio alla storia non è brahminico. Non sono adatti a commentare il significato dei contenuti di questo vasto corpus di letteratura sanscrita, o di come il Bhagavatam rappresenti veramente l’essenza dell’essenza di quella cultura, la crema della crema. La loro filosofia della storia e della concezione della realtà fa parte dello spirito modernista che impedisce di diventare un vero conoscitore del Bhagavatam o della cultura Vaisnava. Noi non dobbiamo denigrarli o calunniarli: dobbiamo conquistarli, come Sri Caitanya conquistò le autorità mayavadi del Suo tempo. Devono essere sufficientemente aperti, per essere ricettivi ai diversi modi di concepire la storia, la realtà, la letteratura e l’immaginazione. Inoltre, questi strumenti sono a loro disposizione anche all’interno delle tradizioni europee dell’idealismo e della fenomenologia, come anche nelle tradizioni religiose mediorientali.]

Akruranatha Dasa

(dal sito Dandavats.com)