Indradyumna Swami, allora Caporalmaggiore Brian Tibbitts

31 gennaio 2020

“Questi sono tutti piani di Krishna”

La settimana scorsa stavo facendo la mia camminata mattutina sulla spiaggia di Durban, in Sudafrica, quando è squillato il mio cellulare. “Ehi, Maharaja, sono Craig! Craig delle scuole superiori!”

“Caspita Craig! Non ricordo più nemmeno l’ultima volta che ci siamo sentiti! Come te la passi?”

“Benissimo, ho saputo che ti stai riprendendo da un grosso intervento chirurgico e ho voluto chiamarti per farti gli auguri.”

“Grazie mille, Craig. È molto bello da parte tua; sono curioso, come hai avuto il mio numero?”

“Ho incontrato alcuni dei tuoi studenti qui in California e ti seguo anche su Facebook. Stai facendo molto bene!”

“E’ vero, grazie.”

“Ti ricordi nel lontano 1969? Avevo predetto chi sarebbe stato il tuo guru. E tutto si è avverato!”

“È vero, l’avevi previsto”, e ci siamo messi a ridere tutti e due.

“Dai, guarisci, amico mio, e teniamoci in stretto contatto.”

“Sì va bene.”

Craig mi aveva fatto ricordare un momento decisivo della mia vita. Preso dall’emozione, mi sono seduto su una panchina. Ho guardato l’oceano e meravigliandomi delle misteriose vie del Signore, ho ripensato a quei momenti.

Sono stato congedato dal Corpo dei Marines nel luglio del 1969. Mentre vivevo con sei miei amici in una casa in affitto nella città dove sono nato, Kentfield, in California, una sera è squillato il telefono.

“Ehi, Steve”, disse uno dei ragazzi, “rispondi tu al telefono?”

“Ragazzi, sto guardando Beverly Hillbillies!”, urlò Steve. “Non mi alzo di sicuro!”

“Ho capito”, disse Jonny con voce rassegnata. Mise giù la birra e si trascinò dal divano fino in cucina. “Quel maledetto telefono squilla tutto il giorno, ma mai per me.”

Infatti, con tono sicuro mi chiamò: “È per te, Brian!”

“Chi è?”

“Non so, non gli ho chiesto, ma sembra un ufficiale.”

Prendo il telefono e rispondo: “Buongiorno, sono Brian. Come posso aiutarla?”

“Lei é il caporalmaggiore Tibbitts?” Il suo tono di voce era autorevole. Mi sono subito reso conto che era un ufficiale del Corpo dei Marines.

“Signor sì signore! Sono io.”

“Il capitano del centro operativo le chiede di venire qui domani mattina.”

“Di cosa si tratta?”

“E’ qualcosa di riservato.”

“Va bene, sarò lì.”

La mattina dopo alle 8 mi sono presentato in completa uniforme al centro del corpo dei Marines alla Madison Ave di San Rafael. Sapevo dov’era perché mi ero arruolato lì tre anni prima. Il capitano era un uomo dall’aria seria sui sessant’anni; mi indicò una sedia di fronte alla sua imponente scrivania.

“Caporalmaggiore Tibbitts, grazie per essere venuto. Ho qui il rapporto del suo incontro con i medici della marina la scorsa settimana a Oakland.”

“Sì, signore” dissi nervosamente.

“Caro ragazzo, su consiglio di quei medici, ti stiamo congedando con effetto immediato. Un congedo onorevole.”

Ho sentito un vuoto allo lo stomaco e ho sbottato. “Ma perché? Pensavo di essere in partenza per il Vietnam!”

“Bene, secondo il rapporto, ti sei unito al Corpo dei Marines con otto dei tuoi amici delle scuole superiori, giusto?”

“Sì, signore, erano tutti ragazzi della mia squadra di calcio del liceo.”

“E quando la tua unità è partita per il Vietnam, ti è stato ordinato di rimanere qui per l’addestramento specializzato. E’ così?”

“Si signore. Sabotaggio subacqueo.”

“E poi per qualche tempo hai fatto servizio negli Stati Uniti.”

“Si signore.”

“E mentre eri qui negli Stati Uniti, durante l’offensiva del Tet il tuo plotone si è trovato sotto l’artiglieria pesante e i razzi, e tutti i tuoi amici sono stati uccisi. E’ così?”

“Sì, signore”, dissi con voce mesta.

Il capitano proseguì: “I medici hanno dedotto che questo ha avuto un grosso effetto su di te. Non riteniamo che tu sia adatto al combattimento.”

Io dissi con veemenza: “Ma ho superato la cosa, sono pronto per partire.”

“Non secondo quello che ho qui davanti a me”, disse toccando le pagine del rapporto che erano sulla sua scrivania. “Tuo padre è morto?”

“Si signore. Lo scorso anno.”

“Qui è scritto che nella seconda guerra mondiale era nel Pacifico meridionale sulla portaerei Cabot, che è stato ferito e che ha ricevuto un’onorificenza.”

“Sì, signore”, dissi sorpreso. “Era lì che combatteva e il suo ultimo desiderio è stato quello che io mi fossi arruolato nelle forze armate.”

“Tua madre si è risposata?”, mi chiese il capitano.

“No signore.”

“La stai aiutando economicamente?”

“Sì signore, lo sto facendo.”

“Ragazzo mio, abbiamo preso in considerazione tutte queste cose. I documenti di congedo ti verranno inviati entro una settimana.”

“Ma signore …”

“Questo è tutto soldato.”

“Ma non sono più un soldato”, gli dissi mentre mi alzavo.

“Hai dato alcuni dei tuoi anni migliori al tuo Paese, puoi esserne orgoglioso.”

 Tornato a casa, ho condiviso la notizia con i miei amici. Tutti sono balzati per aria dalla gioia, ma io ero depresso.

“Dai, amico!” Mi disse Steve. “Prendila bene! Sai quanti ragazzi vorrebbero stare fuori dalla guerra del Vietnam?”

“Tu conosci la mia storia, Steve. Harvey, Jerry, Paul e gli altri sono tutti morti in combattimento mentre io ero qui negli Stati Uniti. Se ne sono andati e io sono ancora qui. E’ una cosa che non mi va.”

L’umore nella stanza era improvvisamente cambiato. Craig, il più spirituale dei miei amici, parlò.

“Tutti hanno il loro karma Brian. Cerca di non sentirti in colpa. Il karma è una legge di natura. Quello che fai, nel bene e nel male, ti torna indietro. Allora non era il tuo momento di morire, e non è nemmeno adesso il tuo momento.”

“Mettiamola così”, ho detto.

Sono andato alla chiesa vicina e mi sono seduto goffamente tra i banchi con le mani giunte.

“Non ricordo di essere mai entrato in una chiesa”, dissi ad alta voce. Non sapevo bene  con chi parlare, quindi ho diretto le mie parole verso la croce che era sull’altare. “I miei genitori non erano religiosi e non credo di esserlo stato nemmeno io. Ma cosa posso dire a Dio? Sto affrontando i miei problemi e, onestamente non so a chi rivolgermi. Se ci sei, se ci sei veramente, puoi darmi un segno? Una direzione?”

La chiesa era tranquilla. Mi sono seduto per alcuni minuti e quando non è successo niente, mi sono alzato e nell’uscire ho preso una delle bibbie gratuite che si trovavano all’ingresso.

Ho vagato in una vicina libreria alternativa. Nella sezione sulla filosofia orientale, ho scelto un libro che credo avrebbe potuto aiutarmi. Si chiamava Il libro tibetano dei morti.

Nel tornare a casa mi sono fermato in un parco e ho letto i primi capitoli. Mi sono ritrovato di fronte a un’idea che mi era completamente estranea: la teoria della reincarnazione, l’idea che ci sia vita dopo la morte.

“Immagino sia positivo se credo alla reincarnazione”, ho pensato. “Se è così, significa che probabilmente i ragazzi stanno bene e sono da qualche altra parte.”

Quando poi sono tornato a casa, Craig era seduto su un divano ad aspettarmi. Anche se non avevo detto una parola, aveva capito che ero di cattivo umore; Craig per me era come un fratello maggiore. Alto, lentigginoso e con i capelli rossi, si distingueva in mezzo a tutti. Era stato bravo a scuola fino al momento della cultura della droga e poi aveva iniziato a non frequentare le lezioni. Intelligente e curioso per natura, aveva cominciato a interessarsi alla filosofia indiana.

“Ehi Brian, Billy ti ha visto entrare in chiesa, cosa ne dici di sederci e parlare? Come stai?”

Gli ho confessato di non sapere proprio più dove andare.

“Penso che dovresti guardare a Oriente, all’India. I Beatles sono stati li in un ashram per qualche settimana. Senti, ieri sono stato a San Francisco, alla Haight Ashbury per trovare alcuni miei amici. Qualcuno mi ha dato un invito per un grande evento che si terrà domani al Golden Gate Park.”

“Sì, che tipo di evento è?”

“È una grande parata con un gigantesco carro di tipo indiano. E’ un incontro spirituale, le persone si vestono come in India, cantano e poi ci sono gli incensi. Una cosa più o meno così. È la più grande attrattiva di Haight Ashbury. Tutti gli hippy di San Francisco ci stanno andando.”

“Di cosa si tratta?”

“Non ne so molto, ma alla fine ci sarà una festa vegetariana, quindi io ci vado. Vuoi venire con me? È gratis!”

“Penso di sì, non ho davvero voglia di andare a una festa, ma visto che ci vai tu ci vengo anch’io.”

“Ehi, ma non è solo una festa. Forse puoi trovare le risposte che stai cercando.”

“Si certo. OK. Dove ti incontrerò?”

“Ci vediamo alla festa. Supera il Golden Gate Bridge e prendi la seconda uscita nel parco. Possiamo incontrarci a mezzogiorno vicino al carro.”

La mattina dopo mi sono alzato tardi e mi sono precipitato nel traffico che portava al Golden Gate Bridge, era a un’ora da dove vivevamo. Una lunga fila di auto erano ferme e alcuni facevano marcia indietro.

Un giornalista alla radio annunciò: “E’ appena arrivata la notizia di un grave incidente sul Golden Gate Bridge. La polizia stradale della California comunica di aspettarsi code di diverse ore.”

Mi sono arreso dopo due ore. “Deve essere il mio karma“, ho pensato, e mi sono ricordato della spiegazione di Craig per quando succede qualcosa di sfortunato.

Il giorno dopo Craig entrò di colpo in cucina mentre facevo colazione.

“Brian! Che cosa è successo? Ieri ti ho cercato dappertutto.”

“Mi dispiace, c’era un incidente sul ponte. Ho aspettato per ore e poi mi sono arreso.”

“Amico mio, ti sei veramente perso qualcosa. Era incredibile! C’erano letteralmente migliaia di persone. Il carro era enorme! Lo abbiamo tirato tutti attraverso il parco con delle corde per tre miglia fino a che siamo arrivati alla spiaggia. Poi c’era una festa con un budino di riso, della macedonia e delle palline dolci. Era tutto buonissimo! Ma sai cosa mi ha colpito di più?”

“Che cosa?”

“Il guru. È l’insegnante spirituale delle persone che hanno organizzato l’evento. Viene dall’India. E’ salito sul carro dove c’erano delle statue dei loro dei. Il suo discorso nel auditorium Family Dog è stato fantastico. Ha iniziato dicendoci che avrebbe cantato una canzone di un santo indiano che ha vissuto 450 anni fa. Poi ha spiegato la canzone. Parlava di un’incarnazione di Dio vissuta 5000 anni fa. Alla fine, ci ha incoraggiato a cantare, a danzare e a mangiare.”

“Wow. Scusami se non ce l’ho fatta.”

“Sì, ma senti questo”, mi ha detto Craig. “Stavo pensando a te mentre parlava. Tutto quello che ha detto sembrava essere in sintonia con chi sei tu. Stava dicendo che dobbiamo trovare le risposte alle domande della vita. E di come stiamo lottando in questo mondo, ma che esiste una via d’uscita spirituale. Qualcosa del genere. E quando ha detto che la sua pratica include il canto e la danza, ho pensato: ‘Sì, queste sono le cose che piacciono a Brian, perché ti piace cantare e danzare. E sai cosa?'”

“Che cosa?”

“Sono convinto che lui sia il tuo guru. Intendo dire sul serio amico mio. Un giorno diventerai suo discepolo!”

“Assolutamente no, Craig. Non sto nemmeno cercando un guru.”

“Capisco. Ma se mai vorrai un guru, lui sarà il tuo guru. Credimi. Ti scrivo il suo nome.”

Ha strappato un foglio di giornale che era sul divano, e ha scritto ogni lettera del nome del guru e me lo ha dato. “Lo chiamano Srila Prabhupada.”

Ho preso il pezzo di carta e l’ho infilato in una tasca dei jeans. Quella notte prima di andare a dormire ho svuotato le tasche sul letto, ho visto il pezzo di carta e l’ho messo nella copertina del mio disco Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles.

Per alcune settimane, ho riflettuto sul consiglio di Craig di guardare verso Oriente per avere delle risposte sul perché i miei amici erano morti in guerra e io no. Anche il mio congedo dal corpo dei Marines, anche se onorevole, stava pesando molto sulla mia mente. Alla fine ho deciso di lasciare la casa in cui vivevo con i miei amici, lasciare la California e lasciare completamente gli Stati Uniti.

“Per ora, andrò in Europa e vedrò Paesi e culture diverse. Incontrerò tante persone diverse. Forse troverò delle risposte alle mie domande.”

Nel settembre 1969, con un mio amico sono salito a bordo di un aereo diretto in Europa. Abbiamo visitato Inghilterra, Danimarca, Francia, Germania e Grecia. Non ancora soddisfatti siamo andati in Turchia, Egitto e Libano. Ho cominciato a pensare di andare anche in India ma delle circostanze impreviste mi hanno costretto a tornare negli Stati Uniti.

Al mio ritorno, mi sono sposato e con mia moglie ho iniziato a seguire seriamente il consiglio di Craig, quello di ascoltare le lezioni di vari yogi e di insegnanti spirituali che  avevano portato dall’India i loro insegnamenti.

Poi il destino ha voluto che nel dicembre del 1970 io e mia moglie ci imbattessimo in un piccolo gruppo di ragazzi che avevano l’aspetto di monaci. Erano vestiti con degli abiti color arancio e cantavano e danzavano sulla piazza principale del campus dell’Università del Michigan che si trova a Ann Arbor, dove io lavoravo come giardiniere. Un folto gruppo di circa 200 studenti si era radunato attorno a loro. Quando il canto si è fermato, uno dei monaci si fecce avanti per parlare e con voce chiara e gioiosa disse: “Grazie a voi ragazzi e ragazze! Questo canto del mantra Hare Krishna è una vibrazione sonora trascendentale che viene dal mondo spirituale.”

Gli studenti hanno iniziato ad allontanarsi. Dopo pochi minuti erano rimasti solo in pochi. Ed io ero rimasto attonito da tutta questa esperienza, affascinato dalla presenza di quel giovane monaco e dall’atmosfera che aveva creato. Poi il monaco mi si avvicinò.

“Mi chiamo Visnujana Swami, tu come ti chiami?”

“Brian. Dimmi di più su quello che state facendo. Parlami di Krishna.”

“Prima lascia che ti parli del mio guru. Si può capire Krishna solo per la misericordia del maestro spirituale.”

“Chi è il tuo guru?”

“Il suo nome è Srila Prabhupada.”

Il nome mi era familiare, ma non riuscivo a capire perché. In me risuonò qualcosa e si risvegliò in me un’emozione profonda che non riuscivo a comprendere.

Ci siamo seduti e lo swami mi ha parlato di Srila Prabhupada per più di un’ora. Quando ha finito, mi ha chiesto: “Allora, cosa ne pensi?”

“Può essere anche il mio maestro spirituale? Posso essere suo discepolo come te?”

Non passò molto tempo. Io e mia moglie ci trasferimmo nel vicino tempio Hare Krishna e, nel giro di un anno, diventai un discepolo iniziato di Sua Divina grazia A.C. Bhaktivedanta Swami, che veniva chiamato affettuosamente dai suoi discepoli Srila Prabhupada.

Avevo dimenticato da molto tempo il breve incontro che avevo avuto con il mio amico Craig dopo che lui aveva visto Srila Prabhupada al festival dei carri di San Francisco. Ma dieci anni dopo essermi unito al movimento, sono andato a trovare mia madre in California, e ho tirato fuori alcuni dei vecchi ricordi che avevo lasciato prima di partire per l’Europa. Quando ho preso in mano il disco dei Beatles, Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band, è caduto dalla copertina un piccolo pezzo di giornale ingiallito. L’ho raccolto e ho visto un nome: ‘Srila Prabhupada’ scritto con la calligrafia di Craig. All’improvviso, tutto mi è tornato in mente e sono scoppiato a piangere.

Mi sono riempito di meraviglia nel vedere come il Signore organizza le cose per fare in modo che i Suoi devoti arrivino alla coscienza di Krishna e di come ha organizzato per me l’incontro e il rifugio del mio eterno maestro spirituale, Srila Prabhupada.

Posso unicamente concludere che queste cose non sono di questo mondo.

Srila Prabhupada disse la stessa cosa:

“Oggi è il giorno della scomparsa del mio Guru Maharaja. Sono nato in una famiglia diversa, il mio Guru Maharaja è nato in una famiglia diversa. Chi avrebbe potuto immaginare che avrei avuto il suo rifugio? Chi avrebbe immaginato che sarei andato in America? Chi poteva immaginare che voi ragazzi americani sareste venuti da me? Questi sono tutti piani di Krishna. Non possiamo capire come le cose accadono.”

[Conferenza di Srila Prabhupada sulla scomparsa di Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Maharaja]

(da dandavats.com)