Alcuni anni fa mi trovavo nel centro ISKCON di Radhadesh, in Belgio per il festival di Radhadesh Mellows, quando io e un altro devoto incontriamo una devota che non vedevamo da molti anni. Ci salutiamo e poi ci vengono vicino le sue due figlie adolescenti. Io allora mi ricordo dei tempi del sankirtan, quando ero sul camper con suo marito.

“Eravamo in gennaio, faceva molto freddo e la doccia e il riscaldamento avevano smesso di funzionare. Guardiamo fuori dai finestrini del camper ed era tutto bianco, gelato, come avesse nevicato; anche gli alberi erano tutti bianchi, ghiacciati e coperti da una spessa brina. Per completare l’atmosfera c’era anche una nebbia grigia e molta umidità. Cerchiamo di prendiamo la cosa con un po’ di umorismo e poi decidiamo di uscire comunque in sankirtan, perché la maratona non è ancora finita. Esco, ed era così freddo che mi si sono rattrappite le dita delle mani, così tanto che non riuscivo nemmeno a suonare i campanelli delle case, ma a fatica e in qualche modo, appoggiando le mani sul campanello…”

La mamma ascoltava la mia storia, poi si è girata verso le figlie e annuendo con approvazione ha detto loro: “Vedete, prendete anche voi il buon esempio!”

Con il senno di poi ho pensato che forse una storia così potrebbe non necessariamente ispirare dei giovani, e degli aspirati devoti in generale: “Allora se io faccio parte attiva del movimento per la coscienza di Krishna mi capiterà la stessa cosa? Mi ritroverò anch’io su un camper in gennaio senza riscaldamento e dovrò uscire al freddo gelido del mattino a suonare i campanelli, oppure a mangiare solo kichari per colazione?”

Chi ama questo tipo di eroismo potrebbe essere attratto, ma non tutti lo sono.

L’eroe è una persona che si sacrifica per gli altri, fa qualcosa di grande e salva le persone.

Forse abbiamo anche bisogno di un altro eroismo, l’eroismo della normalità e dell’equilibrio, il non fare delle cose troppo austere, oppure essere cosi concentrati sul nostro servizio che ironicamente non abbiamo più tempo di approfondire la nostra relazione con Krishna oppure di parlare con gli altri. E a volte succede che il troppo eroismo poi genera l’effetto opposto. Prima ho fatto tanto, forse troppo, adesso non voglio fare quasi più nulla.

Oggi la mia comprensione è che l’eroe è anche quello che cerca di essere equilibrato, che sta con gli altri, li aiuta, si prende cura di loro e li ispira nella loro vita spirituale. E che il primo sankirtan, e anche quello più importante, è con i devoti e le devote. Perché proprio da questo sankirtan si genera un’energia potente che poi si può espandere con successo anche all’esterno.

In altre parole, se vogliamo che la nostra predica sia efficace dobbiamo prima prenderci cura di noi e dei membri di questo movimento spirituale, poi degli altri.

Ma anche questo modello di eroismo non è possibile per tutti, e c’è ancora un altro tipo di eroe, quello che semplicemente senza clamore si prende cura della propria famiglia spirituale, pratica con sincerità la coscienza di Krishna ed è un modello di normalità e di equilibrio. Anche lui o lei sono eroi, nessuno suonerà le fanfare per loro, ma il cuore di chi le conosce sa quanto valgono e quale buon esempio stanno dando. 

Il dizionario definisce un eroe come “una persona che è ammirata per atti grandi o coraggiosi o belle qualità”

Nella civiltà classica (greco-romana) l’eroe è fondamentale, rappresenta l’ottimo cittadino sia greco che romano perché provvisto di tutte le buone qualità.

ll termine greco antico ἣρως è probabilmente ricollegabile al verbo latino servo (nell’accezione di preservare) e rappresenta la caratteristica degli eroi di essere dei protettori degli esseri umani.

Quando pensiamo a un eroe viene alla mente un’antica e bellissima lode in glorificazione del maestro spirituale, l’eroe per eccellenza, scritta da Visvanath Chakravarti Thakur:

“Il maestro spirituale riceve le benedizioni dall’oceano di misericordia, e come la nuvola versa la sua acqua sulla foresta in fiamme, così il maestro spirituale estingue il fuoco dell’esistenza materiale. Offro i miei rispettosi omaggi ai piedi di loto del mio maestro spirituale.”

Per essere degli eroi, piccoli o grandi, dei guerrieri spirituali, come li definisce Bhakti Tirtha Swami, dobbiamo avere una missione, quella più elevata, di ispirare gli altri, di aiutarli nel loro progresso spirituale. E come farlo?

Soprattutto con il buon esempio. Prendendoci la responsabilità di essere di buon esempio per gli altri, con affetto, semplicità e umiltà.

Uno sconosciuto, ma santo devoto ha scritto:

I sudra sono le gambe della società,

i vaisya sono lo stomaco della società,

gli ksatrya sono le braccia della società

i brahmana sono la testa della società

i vaisnava sono il cuore della società.

Sajjanasraya das