C’era una volta un giovanotto piuttosto immaturo ma desideroso di imparare, che aveva una grande passione per le cose antiche e ogni volta che andava in un paese europeo per le vacanze amava visitare diversi negozi di antiquariato.
Nel corso del tempo aveva sviluppato un grande interesse per le porcellane antiche e in particolare per le tazze da tè. Sentiva che ognuna di loro aveva la sua particolare storia da raccontare.
Una volta, mentre si trovava in una vecchio castello della Serbia che era stato parzialmente trasformato in museo, vide una bellissima tazza da tè in un negozio di antichità, che aveva visibilmente delle influenze turche. Allora chiese all’occhialuto negoziante: “Potrei vedere quella bellissima tazza da tè che si trova lì sopra? Mi sembra provenga dalla Turchia…”
Non appena l’uomo gli diede la tazza, il nostro giovanotto improvvisamente sentì che la tazza da tè gli stava parlando: “Tu non lo sai” gli disse la tazza, “Ma io non sono sempre stata una tazza da tè. Una volta non sapevo cosa significasse servire. Ero solo un ottuso ammasso di argilla rossa. Lascia che ti racconti la mia storia, ti insegnerà qualcosa. Ho vissuto per molte e molte migliaia di anni. Ho visto le guerre e la pace andare e venire.
Intere civiltà si sono succedute mentre io stavo ad aspettare, cosa? non so. Poi un giorno arrivò il mio maestro. Mi prese, mi portò a casa e mi mise su una tavola di legno. Conficcò in continuazione le sue dita dentro di me e mi schiacciò fino a che mi misi a gridare “Smettila!” Prova a pensare se qualcuno facesse così a te, ma lui semplicemente sorrise e mi disse: “Non ancora!”
La tazza da tè si infervorò mentre parlava allo stupito giovanotto: “Poi whuumm! Mi mise sulla ruota di un tornio e all’improvviso tutto cominciò a girarmi intorno fino a che persi completamente il senso dell’orientamento: “Basta, ma non vedi che sto male? Presto, toglimi dalla ruota!”
Ma il maestro semplicemente annuì con comprensione e tranquillamente mi disse: “Non ancora!” Mi stava plasmando all’interno e all’esterno per mettere in atto il suo piano e poi con molta attenzione mi mise dentro un forno. Non avevo mai provato tanto caldo. Mi misi a gridare e a bussare e a picchiare la porta del forno: “E’ più caldo dell’inferno, sto bruciando! Per favore fammi uscire di qua prima che sia troppo tardi.” Lo potevo vedere attraverso un piccolo foro. Potevo solo leggere le sue labbra mentre scuoteva la testa e diceva silenziosamente: “Non ancora!” Quando credevo di non poter resistere un solo minuto di più, la porta si aprì.
Il maestro mi tolse con cura dal forno e mi mise su uno scaffale dove iniziai a raffreddarmi. Ero così contenta di essere stata lasciata in pace.
Ma non era finita. Dopo essermi raffreddata, mi sollevò con cura, mi guardò e mi tolse la polvere.
Poi….portò i colori! E anche qualcosa di trasparente, lo smalto. Le esalazioni erano terribili! Credevo di soffocare! “Per favore….non hai pietà! Non vedi la mia sofferenza? Ti prego, ti prego smettila! Per favore! Basta!” Ma egli scosse la testa e mi disse: “Non ancora, non sei ancora pronta!” Poi all’improvviso e molto rapidamente mi mise di nuovo nel forno. Solo che adesso era due o tre volte più caldo della prima volta. Questa fu’ la cosa più intensa. Fin da subito mi sembrò di morire…. implorai…. perorai la mia causa… minacciai…urlai… Alla fine mi misi a piangere. Non avevo più nemmeno le lacrime. Ero sicura di non farcela. Mi stavo arrendendo. Proprio allora, all’ultimo secondo, mentre stavo lentamente per svenire, la porta si aprì e mi fece uscire. Di nuovo mi mise sullo scaffale dove mi raffreddai e aspettai… aspettai…. aspettai.
“Cosa succederà adesso?…” Poi tornò, mi mise uno specchio davanti e mi disse: ‘Guardati’ e così feci. “Quello che vidi mi lasciò sbigottita. E’ quello che vedi adesso. ‘Non sono io!’ gli dissi. ‘Non posso essere io… e’ troppo bello, troppo….”
“Con uno sguardo pieno di compassione il maestro mi disse: ‘E’ questo che tu dovevi diventare’ e poi mi spiegò: ‘So che provavi dolore quando ti modellavo sulla tavola. Ma se non ti avessi tolto l’aria, ti saresti frantumata.’ “Sapevo che avresti perso tutto il senso di orientamento mentre giravi sulla ruota. Ma se non lo avessi fatto non avresti mai preso questa forma. So che i colori dello smalto per te erano intollerabili mentre ti dipingevo. Ma se non l’avessi fatto, non avresti avuto nessun colore nella tua vita e non ti saresti rafforzata. E quando ti ho messo nel secondo forno sapevo che questa sarebbe stata la parte più difficile. Ma altrimenti ti saresti spezzata molto facilmente quando sarebbero arrivate le prove della vita. Credimi, tutto quello che ho fatto è stato per il tuo bene. Ora sei quello che avrei voluto tu fossi quando ti vidi per la prima volta nella terra. Ora sei il prodotto finito.”
Detto questo la tazza da tè smise di parlare, ma una lacrima di gratitudine scese dal suo bellissimo bordo.
Il giovanotto acquistò la tazza da tè e la usò solo quando offriva qualcosa a Dio. Non dimenticò mai più la lezione che ricevette. E ogni volta che si trovava in una situazione difficile e voleva urlare “Basta! Lasciami in pace!” si ricordava le parole di chi aveva costruito la tazza da tè: “Non ancora!” E cominciò a provare della gratitudine anche perché aveva capito che tutto quello che succede è organizzato dal Signore per farlo diventare quello che avrebbe dovuto essere: un amorevole servitore. Aveva anche fiducia. Dio sa quello che sta facendo per ognuno di noi. Lui è il vasaio e noi l’argilla. Ed Egli ci porrà di fronte solo quelle prove necessarie per modellarci e renderci pronti. E ci esporrà solo a quelle difficoltà necessarie per fare di noi un perfetto strumento del Suo volere.
(Da una lezione di Sacinandana Swami)