Il regista John Greisser e i co registi Joan Griesser e Lauren Ross hanno portato il lungometraggio Hare Krishna! Il Mantra, il Movimento e lo Swami che ha iniziato tutto’ nei cinema di tutto il mondo per celebrare la straordinaria vita di Srila Prabhupada. Il film che ha inizio al East Village di New York ci mostra delle immagini rare e piene di vita del movimento mondiale Hare Krishna e dell’intricato intreccio di situazioni che incontrò Srila Prabhupada. Ci conduce alla miracolosa avventura di Srila Prabhupada, fondatore e rappresentante spirituale della ISKCON e ci mostra  un sogno che si è avverato, un’avventura a cui non manca nulla di divino.

Il film cerca di dare un resoconto della sua straordinaria vita e ci riesce, non solo descrivendola, ma anche esaminando in modo profondo l’America e il mondo durante quei turbolenti anni 60 e 70, con il Vietnam, le ingiustizie razziali e la Guerra fredda. La figura di Prabhupada emerge grazie a delle immagini di grande intensità e a delle acute interviste con devoti e studiosi. Allo stesso tempo unico e complesso, il Prabhupada carismatico prende vita, in particolar modo con la sua immensa devozione. A molti, i dettagli della vita di Prabhupada sono conosciuti. Ma non per questo essi diventano meno attraenti durante la narrazione, e i registi fanno un’eccellente lavoro nel raccontare la loro storia miscelando le immagini, la narrazione, le musiche e i mantra. In questo caso la realtà è ancora più vera dei racconti e le più fantastiche favole non potrebbero essere così incredibili come gli eventi della vita di Prabhupada.

Srila Prabhupada a New York

Nel 1965 all’eta’ di 70 anni lo Swami, senza alcuna risorsa economica, lasciò Calcutta e la sua amata India, viaggiò su una nave da carico diretta a New York e arrivò al Lower East Side, lontano dai “Quartieri Alti” e iniziò la sua missione di creare un movimento spirituale di portata mondiale. Le foto in bianco e nero, Prabhupada nei suoi abiti da monaco, la determinazione visibile sul suo viso, sullo sfondo le strade di New York, mostrano al pubblico una profonda immagine del mondo in cui Prabhupada si trovava, e ci fanno pensare all’enorme fede che poteva avere quell’uomo per iniziare una rivoluzione spirituale da solo e in una terra straniera.

Srila Prabhupada nel parco a New York

Con solo dei libri sacri e un mantra di 16 parole con lui, Prabhupada trova residenza in un piccolo negozio della 26esima strada, sulla Seconda Avenue, ed inizia la sua omerica missione. Sull’ordine del suo guru, Prabhupada era arrivato in Occidente per portare la coscienza di Krishna, e degli eccellenti spezzoni ci mostrano proprio come con grande cura lui viveva la sua missione nella vita quotidiana, pregando, condividendo il cibo con altri e parlando dalla sua amata Bhagavad Gita a chi cercava del sollievo. In breve tempo, un piccolo gruppo di devoti comprese il suo messaggio della bhakti, l’amore e la devozione per tutti, e ne rimasero affascinati. Mentre l’onda di entusiasmo cresce nel movimento Hare Krishna e i devoti dell’ISKCON aumentano di numero, i registi ci mostrano anche “l’altra” America, quella al di fuori dello spazio sacro creato da Prabhupada.

Ci sono anche delle interviste con degli esperti anti setta che informano del pericolo del “controllo mentale” e il film narra di quando due devoti vennero accusati di atti criminali, un caso legale che arrivò fino alla corte suprema di New York, dove fu dimostrato che le accuse erano infondate.

Come dice uno dei devoti più intimi di Prabhupada:

Più Prabhupada veniva attaccato, più diventava energico.

Pieno di fiducia nel potere dei suoi insegnamenti, in sua difesa Prabhupada utilizzò unicamente la Bhagavad Gita.

Ma in effetti, ciò che rende il film così pieno di vigore nel mostrare la storia del movimento Hare Krishna è il suo rifiuto dal essere stereotipato, o al contrario celebrativo e di dare un’immagine superficiale di Prabhupada e dei suoi devoti.

Probabilmente le immagini più rivelatrici riguardo Prabhupada vengono da un viaggio che intraprese nella Russia Sovietica. Nel 1971 quasi nessun Americano, e certamente nessuno Swami, potevano avere un visto per la Russia. Nonostante questo egli riuscì a visitare quella Nazione. Al suo arrivo a Mosca, la sua Bhagavad Gita gli venne confiscata dalla polizia doganale. Invece di essere amareggiato, lo si vede camminare per Mosca, ammirato, riflessivo, molto attento alla bellezza delle chiese e dell’architettura. Andando oltre la superficie, come spesso faceva, Prabhupada nota la presenza delle guardie Sovietiche e la mancanza di persone nelle chiese, e nota con compassione: “In Russia le le persone sono spirituali, ma a  causa delle loro guide non hanno più accesso a Dio.”

Srila Prabhupada a Mosca

Quando la sua morte si avvicina, i registi ci portano nella città santa di Vrindavana, vicino ai suoi devoti più intimi, seduti sul letto di Prabhupada che con voce flebile e a malapena udibile, il suo corpo emaciato, continua comunque la sua missione. Un devoto tiene un registratore sulle sue labbra per poter registrare le ultime parole di Prabhupada:

…Non siamo questo corpo. Siamo vita eterna. Questa è l’immensa dimensione della libertà.

Srila Prabhupada registra le sue ultime istruzioni durante i suoi ultimi giorni a Vrindavana

Nelle ultime battute del film leggiamo:

Negli ultimi dodici anni della sua vita, ha viaggiato intorno al mondo 14 volte, ha fondato 108 templi in 6 continenti, e ha visto distribuire 60 milioni dei suoi libri in 25 lingue.

Sia che voi siate credenti, devoti, scettici, atei, agnostici o studiosi, il film ‘Hare Krishna! Il Mantra, il Movimento e lo Swami che cominciò tutto’  vi affascinerà. E’ un ritratto profondo, duraturo, di una delle figure più importanti del ventesimo secolo, il cui messaggio della coscienza di Krishna continua ancora oggi a riverberare in questo fragile mondo.

(una recensione del film della giornalista e scrittrice Rachael Stark riportata sul sito web Dandavats)