Sua Santità Giriraj Swami

Finché siamo nel mondo materiale, dobbiamo soffrire: per le sofferenze che ci causano gli altri, le sofferenze causate dal nostro corpo e dalla nostra mente, e le sofferenze causate dalla natura. E se non riusciamo a tollerare, non possiamo vivere in questo mondo.

Ma quanto può tollerare una persona? Non dovremmo ogni tanto ribellarci alla sofferenza? Perché dovremmo tollerare? E se dobbiamo farlo, cosa ci permetterà di sopportare le difficoltà senza essere disturbati?

Srila Prabhupada racconta la storia di un bambino che ha tollerato in modo inimmaginabile, facendoci capire la ragione della sua tolleranza e di come era in grado di tollerare senza essere turbato:

“Il padre di Prahlada Maharaja lo stava mettendo in così tante condizioni pericolose, aveva persino cercato di avvelenarlo. Ma lui pensava: ‘Mio padre mi sta dando da bere del veleno. Va bene, lo berrò. Se Krishna vuole, mi salverà.’ Suo padre gli stava dando del veleno. Cosa poteva fare? Suo padre era un demone molto imponente e potente: Hiranyakasipu. La madre di Prahlada piangeva e lo implorava, ma lui la costrinse: “Dai a tuo figlio questo veleno.” Lei lo implorò così tanto, ma lui era un demone e la forzò a darglielo. Quindi sia la madre che il bambino sapevano che il padre gli stava dando questo veleno ma cosa poteva fare quel piccolo bambino? ‘Ok, lo berrò.’ Non era agitato. ‘Va bene lo stesso, se Krishna vuole, vivrò.’ ”

Quindi, un dei motivo per tollerare è che non aver scelta. Le forze che agiscono contro la nostra volontà sono troppo grandi, troppo potenti per potervi resistere. E cosa ci permetterà di sopportare senza essere disturbati? La fede in Dio, in Krishna. “Se Krishna vuole, mi salverà, sopravviverò e andrò avanti.”

Nello stessa lezione, Srila Prabhupada spiega: “Un sadhu [un devoto] è titikshava, tollera ogni genere di situazioni miserabili. Poiché questo è un luogo fatto di condizioni miserabili, un sadhu impara a tollerare. Un sadhu non è mai turbato. Yasmin sthito gurunapi duhkhena na vicalyate [Bhagavad Gita 6.22]. Se un sadhu, che prende rifugio in Krishna, viene messo nella situazione più pericolosa, non rimane mai turbato.”

Quindi chi ha fede in Dio, chi ha preso rifugio in Dio, può tollerare. Ma quando riesce a resistere o invece si arrende? e perché dovrebbe tollerare? Srila Prabhupada risponde con una sola parola: karunikah oppure titiksavah karunikah:

Titiksavah: il sadhu non viene disturbato. Allo stesso tempo, è karunikah. Lui soffre, ma è misericordioso con gli altri. Proprio come Gesù Cristo. E’ stato crocifisso, ma era ancora misericordioso: ‘Signore, queste persone non sanno quello che fanno. Per favore, perdonali’. Questo è un sadhu, lui è tormentato dai demoni, ma è misericordioso con la gente in generale che sta soffrendo per mancanza di coscienza di Krishna. Anche fino alla morte ha cercato di predicare la coscienza di Krishna. ‘Che le persone possano essere aiutate, cos’è questo corpo materiale? Anche se vengo ucciso, non sarò ucciso; questo corpo verrà ucciso, tutto qua.’

Questo è un sadhu. Titiksavah karunikah. Da una parte è tollerante e dall’altra è misericordioso.

“Nel mondo materiale, quando un uomo è turbato, non può fare nulla di buono per gli altri: ‘No, sono molto turbato. Non parlatemi.’ Ma un sadhu invece continua ad aiutare le persone. Titiksavah karunikah [SB 3.25.21].”

Tutti affrontiamo delle situazioni penose e difficili, e vogliamo fare quello che è giusto, e in definitiva quello che è giusto è quello che fa piacere a Dio. Se agiamo sulla base del nostro vero sé, l’anima, non il corpo o la mente, con fede in Dio, per fargli piacere e per presentare il suo messaggio, Lui ci darà l’intelligenza sul come procedere e seguire la sua direzione, e io prego che Lui mi possa dare la forza e l’intelligenza per farlo.

Per passare dal sogno del mondo materiale alle gioie del mondo spirituale.

Giriraj Swami

(da Dandavat.com)