Srila Prabhupada riceve l’iniziazione dal suo maestro spirituale, Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura

“Quando un’anima errante mette fine alla vita materiale o Acyuta, può ottenere la compagnia dei Tuoi devoti e grazie  a questa compagnia si risveglierà in lei la devozione per Te, che sei la meta dei devoti e il Signore di tutte le cause e dei loro effetti.” (Srimad-Bhagavatam 10.51.53)

Nella Caitanya-caritamrita, (Madhya 22.83) l’autore, Krishnadasa Kaviraja Goswami, sottolinea l’importanza della compagnia dei Vaisnava maturi (sadhu-sanga):

krishna-bhakti-janma-mula haya “sadhu-sanga”

krishna-prema janme, tenho punah mukhya anga

“La causa originale del servizio di devozione offerto a Sri Krishna, è la compagnia dei devoti avanzati. Anche quando l’amore latente per Krishna si risveglia in noi, il contatto con i devoti è ancora assolutamente essenziale.” Queste sono veramente delle parole emblematiche. La compagnia dei devoti avanzati qui viene glorificata come janma-mula, la causa principale della devozione amorevole, e tale compagnia è considerata così potente, così cruciale, che anche coloro che hanno raggiunto la perfezione sul sentiero spirituale trovano che essa sia di grande valore.

La devozione come osmosi

A volte i frutti di questa compagnia sembrano automatici, come l’osmosi. In effetti, proprio come, senza nemmeno volerlo, adottiamo delle caratteristiche negative da una cattiva compagnia, possiamo trarre beneficio anche solo stando vicino a dei vaisnava elevati spiritualmente. Come scrive Satsvarupa Dasa Goswami nel suo libro Ostacoli sul sentiero del servizio devozionale: “Poiché i devoti vivono nel mondo, a volte vengono influenzati da esso. Questo avviene mediante un processo di osmosi, in cui gradualmente, e spesso inconsciamente, noi assorbiamo l’ambiente circostante. Per proteggere i devoti dall’essere assorbiti dalla mentalità della società materiale”, continua Satsvarupa Maharaja, “Srila Prabhupada ha creato una nuova cultura. Nello statuto della Società Internazionale per la Coscienza di Krishna, scritto da Srila Prabhupada, sono inclusi diversi riferimenti a una società composta da devoti.” Questa società (ISKCON) ha lo scopo non solo di invertire il processo di osmosi, un processo che assorbe le negatività di persone che non sono coscienti di Dio, ma di creare un’osmosi positiva stando con delle persone che mettono Dio al centro della loro vita.

L’analogia dell’osmosi ha del merito, ma è un’analogia inadeguata se consideriamo la definizione scientifica di osmosi. L’osmosi avviene quando delle molecole d’acqua si muovono attraverso una membrana semipermeabile da un’area ad alta concentrazione a una di bassa concentrazione fino a quando entrambe le soluzioni hanno la stessa concentrazione di acqua. Quindi, se paragoniamo il sadhu-sanga con l’osmosi, i sadhu (i devoti avanzati) finirebbero per avere meno devozione e meno buone qualità dopo il sanga (dando la loro compagnia agli altri). Ma in realtà è proprio l’opposto: condividendo con gli altri la coscienza di Krishna si accresce il proprio amore per Dio.

Vi sono altre analogie scientifiche che potrebbero essere più appropriate. Il magnetismo indotto ad esempio, si verifica quando il campo magnetico di un agente magnetizza permanentemente del metallo senza che l’agente originale perda le sue proprietà magnetiche. Così il sadhu diffonde le sue qualità senza che esse vengano in alcun modo sminuite.

Nonostante questo, l’osmosi è ancora un’analogia appropriata per il sadhu-sanga se pensiamo a dei sensi più comuni e figurativi di uso della parola in cui assorbiamo il sapere o delle altre qualità semplicemente con la nostra presenza. L’osmosi, in questo senso, è la capacità di assorbire naturalmente qualcosa senza sforzi estranei.

Nel Bhakti-sandarbha (Anuccheda 179) il teologo vaisnava Jiva Goswami, un contemporaneo di Krishnadasa Kaviraja Goswami, scrive degli effetti della vicinanza di un grande devoto. Dice che il progresso spirituale inizia senza alcun altro sforzo “Dal momento in cui si ottiene tale compagnia”, e cita lo Srimad-Bhagavatam (10.10.41): “Quando si è in presenza di un sadhu, un devoto completamente determinato e arreso a Dio, la Persona Suprema, non si sarà più soggetti alla schiavitù materiale.”

L’acarya vaisnava Bhaktivinoda Thakura scrive a questo proposito: “Il cristallo di quarzo assume il colore di un qualsiasi oggetto che si trovi nelle sue vicinanze, indipendentemente dal colore di quell’oggetto.” (Dal suo saggio, “A Deliberation on the Methodology of Sadhu-sanga”) “Il fuoco è sempre fuoco”, concorda Srila Prabhupada, “e quindi se qualcuno tocca il fuoco, consapevolmente o inconsapevolmente, il fuoco agirà senza discriminazione.” (Srimad-Bhagavatam 2.9.36, Spiegazione)

Il vero sanga, insegna la tradizione, è sa-anga, cioé, “Diventare una parte dell’altra persona, come se fosse un arto (anga) del proprio corpo.” La parola sanga deriva dalla radice sanj, che significa “adesione, dedizione o devozione”. Quindi in ultima analisi, il sanga va oltre il semplice vedere qualcuno o essere in presenza di qualcuno. Si riferisce a uno scambio intimo, che nel contesto attuale, avviene quando la parte interiore del sadhu interagisce profondamente con quella del ricevente. Generalmente, questo avviene con la trasmissione del suono, ecco perché il canto del santo nome e la ricezione delle istruzioni spirituali sono al centro del vero sadhu-sanga. In effetti, il sadhu-sanga avviene quando due cuori si uniscono per uno scopo spirituale elevato.

Srila Rupa Goswami sottolinea tre modi per facilitare questa armonia trascendentale. Si dovrebbero cercare dei devoti che hanno la nostra stessa mentalità (sajatiya), più avanzati di noi (ashaya) e bendisposti e affettuosi nei nostri confronti (snigdha) (dal Bhakti-rasamrita-sindhu, 1.2.228: sa-jatiyashaya-snigdha shri-bhagavad-bhakta-sango)

Detto questo, la semplice presenza di una persona santa crea una rivoluzione nella coscienza e ci consente di andare rapidamente oltre la semplice vicinanza. Secondo Jiva Goswami (dal Bhakti-sandarbha, Anuccheda 11), la compagnia dei devoti ci porta a provare piacere nel ascoltare gli argomenti trascendentali e ci offre l’opportunità di servirli (e quindi servire Krishna). Sri Jiva cita ancora il Bhagavatam (1.2.16) per sottolineare il suo punto di vista: “O saggi nati due volte, servendo i devoti perfettamente liberi da ogni impurità, grande servizio è reso. Con questo servizio, si sviluppa il gusto per ascoltare il messaggio di Vasudeva.” Jiva poi prosegue spiegando il fondamentale passaggio dalla fede all’amore per Dio.

Sadhu-Sanga: il precursore e il sostenitore della devozione

La progressione naturale del sentiero della bhakti – dalla semplice fede all’amore spirituale profondo, costituita da nove fasi – si trova nella Caitanya-caritamrita (Madhya 23.14-15), dove viene citato il Bhakti-rasamrita-sindhu (1.4.15-16):

All’inizio deve esserci fede [shraddha], che porta alla compagnia dei puri devoti [sadhu-sanga]. Successivamente, si è iniziati dal maestro spirituale e si seguono i principi regolatori del servizio di devozione secondo le sue istruzioni [bhajana-kriya]. Così si è liberati da tutte le abitudini indesiderate [anartha-nivrittih] e si diventa molto fissi nella coscienza di Krishna [nishtha]. Successivamente, si sviluppa del gusto [ruci] e dell’attaccamento per il Signore [asakti]. Questa è la via della sadhana-bhakti, l’esecuzione del servizio devozionale secondo i principi regolatori. A poco a poco le emozioni si intensificano [bhava] e alla fine si ha il risveglio dell’amore [prema]. Questo è lo sviluppo graduale dell’amore per Dio nel devoto che si dedica alla coscienza di Krishna.

Quello che spesso non viene detto è che il sadhu-sanga anticipa e facilita l’intero processo di avanzamento spirituale, facendo riferimento al verso della “causa principale” citato all’inizio di questo saggio. Questo significa che il sadhu-sanga in realtà è il primo catalizzatore della vita devozionale, anche prima di shraddha. Jiva Goswami lo spiega nel suo commento al Bhakti-rasamrita-sindhu, 1.4.15–16, di Rupa Goswami: “All’inizio, c’è il sadhu-sanga, mediante il quale si ascoltano gli shastra e si acquisisce fede nel loro significato. Quindi, dopo la fase iniziale del sadhu-sanga, si ha la seconda fase, nella quale si ottiene il supporto [le istruzioni] di base per il bhajana [l’adorazione].” Egli scrive specificamente, prathamanantaram dvitiyah sadhu-sanga: “Dopo il primo sadhu-sanga, c’è un secondo sadhu-sanga“. Questo risuona con la nostra esperienza. Qualcuno riceve un libro che parla di Krishna, o incontra un devoto, o ascolta un kirtana, queste sono tutte le forme di connessione e come risultato di esse sorge la fede.

Un altro passaggio pertinente appare nel commento di Vishvanatha Chakravarti allo Srimad-Bhagavatam 1.2.21, in cui parla di quattordici passaggi anziché dei nove usuali: “I quattordici passaggi sono i seguenti: misericordia dei devoti, servizio ai devoti, fede, sottomissione al guru, desiderio di adorare (o ascoltare), devozione, eliminazione delle cattive abitudini, fermezza, fede, attaccamento, un bagliore dell’amore, l’amore vero e proprio, il vedere il Signore e sperimentare la sua dolcezza.” Anche in questo caso, la progressione della bhakti non inizia con la fede ma con due fasi preliminari: satam-kripa, o la misericordia dei devoti, e mahat-seva, o rendere loro servizio, entrambi portano a shraddha, che a sua volta per i praticanti sinceri ravviva il processo della bhakti.

Queste forme iniziali di sadhu-sanga sono considerate “attività spirituali inconsapevoli” (ajnata-sukriti). Danno origine alla fede trascendentale (paramarthika-shraddha), che è il primo stadio menzionato sopra. Pertanto, come abbiamo affermato, il contatto con i devoti (sadhu-sanga) precede il primo stadio della bhakti, e quindi ci si potrebbe chiedere perché l’elenco di Rupa Goswami inizia con la fede. La risposta: le prime forme di sadhu-sanga sono prive di una decisione volontaria; la ricerca cosciente della vita devozionale inizia veramente solo quando abbiamo la fede richiesta.

Le glorie del Sadhu-Sanga

Sul sentiero della bhakti ci sono molte attività favorevoli o modi di agire positivi intesi ad aiutare i praticanti a raggiungere il traguardo. Alcune sono considerate mukhya-vidhi, o regole primarie, mentre la maggior parte di loro sono servitrici di quelle regole, in quanto assistono i devoti lungo il cammino. Tradizionalmente, le più importanti tra loro vengono definite pancanga-bhakti, i cinque rami della devozione, descritti da Sri Caitanya Mahaprabhu nella Caitanya-caritamrita (Madhya 22.128):

sadhu-sanga, nama-kirtana, bhagavata-shravana

mathura-vasa, shri-murtira shraddhaya sevana

“Si dovrebbe stare con i devoti, cantare il santo nome del Signore, ascoltare lo Srimad-Bhagavatam, risiedere a Mathura e adorare la Divinità con fede e venerazione.”

Il verso successivo (Madhya 22.129) ci dice che questi cinque aspetti del servizio di devozione sono i migliori di tutti. Anche una lieve esecuzione di questi cinque aspetti risveglia l’amore per Krishna. Possiamo notare che il primo di questi è sadhu-sanga.

Tuttavia, per i vaisnava il nama-kirtana, il canto dei nomi di Dio, è descritto come la pratica primaria (vidhi), mentre gli altri quattro esistono per sostenerla. In pratica, lo scopo principale del sadhu-sanga è ascoltare il sadhu cantare i santi nomi di Krishna con un cuore amorevole, e vedere come si impegna nel nama-kirtana in modo sentito e consapevole. Questo porta il praticante allo stadio del puro amore. In effetti, il nama-kirtana dovrebbe essere considerato una parte implicita dell’impegno nel sadhu-sanga. Questo è un aspetto centrale che rende così importante la compagnia delle persone sante.

Le Scritture sono piene di numerosi versi a sostegno del valore della compagnia dei devoti, e generalmente affermano che questa compagnia è significativa perché il sadhu è concentrato su Dio.

Il presente articolo è stato ispirato da questo verso (Srimad-Bhagavatam 10.10.18), con la spiegazione di Srila Prabhupada:

TRADUZIONE:

Le persone sante [i sadhu] pensano a Krishna giorno e notte. Non hanno altro interesse. Perché si dovrebbe trascurare la compagnia di persone così elevate spiritualmente per cercare quella dei materialisti e prendere rifugio nei non devoti, i quali sono per la maggior parte ricchi e orgogliosi?

SPIEGAZIONE:

Il sadhu è una persona impegnata con devozione nel servizio al Signore senza mai deviare (bhajate mam ananya-bhak).

titikshavah karunikah

suhridah sarva-dehinam

ajata-shatravah shantah

sadhavah sadhu-bhushanah

“Queste sono le caratteristiche del sadhu: è tollerante, misericordioso e amico di tutti gli esseri viventi. Non ha nemici, è tranquillo, segue le Scritture e tutte le sue caratteristiche sono sublimi.” (SB. 3.25.21) Un sadhu è suhridah sarva-dehinam, l’amico di tutti. Perché dunque, invece di stare accanto al sadhu, il ricco dovrebbe perdere il suo tempo prezioso con altri ricchi, che sono ostili alla vita spirituale? Sia il povero che il ricco possono approfittare dei vantaggi del Movimento per la Coscienza di Krishna, e noi consigliamo tutti di seguire queste istruzioni. Non c’è alcun profitto nell’evitare la compagnia dei componenti del Movimento per la Coscienza di Krishna. Narottama Dasa Thakura ha detto:

sat-sanga chadi ’kainu asate vilasa

te-karane lagila ye karma-bandha-phansa

Se lasciamo la compagnia dei sadhu, delle persone sante impegnate nella coscienza di Krishna, per stare accanto a persone che cercano il piacere dei sensi e accumulano ricchezze per questo scopo, stiamo sprecando la nostra vita. Il termine asat si riferisce a un avaishnava, una persona che non è devota di Krishna, e sat si riferisce a un Vaisnava, un devoto di Krishna. Bisogna sempre cercare la compagnia dei Vaisnava e non sprecare la propria vita stando accanto a chi non è vaishnava. . . . Perciò non si deve evitare la compagnia dei Vaisnava, i quali in questo momento sono presenti in tutto il mondo nella forma del Movimento per la Coscienza di Krishna.

Tra gli altri versi che ispirano al sadhu-sanga ne troviamo uno particolarmente famoso della Caitanya-caritamrita (Madhya 22.54):

“Sadhu-sanga” “sadhu-sanga” – sarva-shastre kaya

lava-matra sadhu-sange, sarva-siddhi haya

“Il verdetto di tutte le scritture rivelate è che, anche solo con un momento di compagnia con un puro devoto, si può raggiungere ogni perfezione [spirituale].” Il termine lava-matra ci informa che ogni perfezione può essere ottenuta stando con un devoto anche solo per “un undicesimo di secondo”. La vicinanza di un’anima pura viene molto apprezzata, per quanto essa breve possa essere.

Krishna, il Signore, nello Srimad-Bhagavatam (11.12.1–2) rivela un segreto confidenziale della bhakti al Suo grande devoto Uddhava.

Dio, la Persona Suprema disse: “Mio caro Uddhava, frequentando i Miei puri devoti si può distruggere l’attaccamento per tutti gli oggetti materiali di gratificazione dei sensi. Questa compagnia purificatrice Mi porta sotto il controllo del Mio devoto. Si può seguire la via dell’astanga-yoga o quella dell’analisi filosofica degli elementi della natura materiale, oppure praticare la non-violenza e altri principi virtuosi, dedicarsi al canto dei Veda, alle penitenze, all’ordine di rinuncia, e al compimento di sacrifici; si possono scavare pozzi, piantare alberi e svolgere altre attività relative al benessere pubblico, fare la carità, mantenere rigidi voti, adorare gli esseri celesti, cantare mantra segreti, visitare luoghi sacri o accettare ingiunzioni disciplinari di maggiore e minore rilievo, ma anche compiendo tutte queste attività è impossibile riuscire a controllarMi.”

Solo la compagnia dei puri devoti, dice il Signore a Uddhava, può alleviare le sofferenze dell’esistenza materiale e anche far sentire Krishna in debito con una persona. In un altro passo dello Srimad-Bhagavatam (9.4.68), Sri Vishnu istruisce Durvasa Muni: “Il puro devoto è sempre nel profondo del mio cuore, e Io sono sempre nel cuore del Mio puro devoto. I miei devoti non conoscono altri che Me, e Io non conosco altri che loro.” La Caitanya-caritamrita (Madhya 22.51) afferma:”Senza ricevere il favore di un puro devoto non si può raggiungere il livello del servizio con devozione. Non si può nemmeno essere alleviati dai legami dell’esistenza materiale.” E nel Sri Prema-vivarta (6.13), Caitanya Mahaprabhu dice: “Cantare il nome di Krishna in compagnia dei sadhu – questo è tutto ciò che desidero. Non c’è altro modo per elevarsi al di là dell’esistenza materiale.”

Solo il sadhu-sanga può rimuovere tutti gli attaccamenti e portare Krishna sotto il suo controllo. Pertanto, lo Srimad-Bhagavatam (12.10.7) dice: “Dopo tutto, la compagnia con i puri devoti è la più alta conquista dell’uomo.”

Il Sadhu-sanga non crea qualcosa di artificiale e nemmeno inserisce nei nostri cuori qualcosa di estraneo all’anima. Piuttosto fa emergere il nostro amore innato per Dio, che era lì da sempre, ma è ora coperto dal condizionamento. Come ci dice la Caitanya-caritamrita (Madhya 22.107):

nitya-siddha krishna-prema ‘sadhya’ kabhu naya

shravanadi-shuddha-citte karaye udaya

“Il puro amore per Krishna è eternamente presente nel cuore degli esseri viventi. Non è qualcosa che può essere ottenuto da un’altra fonte. Quando il cuore viene purificato tramite l’ascolto e il canto, l’essere vivente si risveglia naturalmente.” Srila Prabhupada spiega (Srimad-Bhagavatam 1.2.32, Spiegazione): “Come il fuoco viene acceso dal legno da un altro fuoco, la coscienza divina dell’uomo può essere similmente accesa da un’altra grazia divina. Sua Divina Grazia il maestro spirituale può accendere il fuoco spirituale dell’essere vivente, che è paragonato al legno, impartendo nel suo orecchio ricettivo i messaggi spirituali appropriati.” Qui Prabhupada si rifà a un esempio tradizionale: il legno, apprendiamo dai testi puranici, possiede il fuoco nel senso che possiede il potenziale di poter bruciare. Tuttavia, un pezzo di legno, anche se secco e altamente infiammabile, rimarrà solo legno se non viene a contatto con il fuoco. Allo stesso modo, ogni anima vivente richiede il contatto con chi è “nel fuoco” della coscienza di Krishna, e questo contatto consente a coloro che hanno un cuore sincero di realizzare il proprio potenziale spirituale di devoto.

Concludiamo con la saggezza di Bhaktivinoda Thakura:

“Quando si entra in contatto con un vaisnava il cui cuore è stato sciolto dall’hari-bhakti-rasa, è allora che desideriamo assorbire il dolce principio della bhakti, la devozione, seguendo i suoi santi passi. Con la pratica costante della krishna-bhakti, egli gradualmente lava via la sua condizione mayik [illusoria] e alla fine ottiene la sua vera natura, gusta il rasa più dolce e più puro, che è lo stato finale dell’anima. Sat-sanga, o la compagnia di persone spirituali, è per l’essere umano l’unico mezzo per ottenere il traguardo finale. La bhakti è un principio che avviene da anima ad anima e nella materia grossolana è come l’elettricità o il magnetismo, che si trasmette da un’anima a un’altra ” (Sri Caitanya Mahaprabhu, la sua vita e i suoi precetti, Capitolo 6)

Pertanto, il sadhu-sanga precede e sostiene la devozione amorevole. Come suggerisce Bhaktivinoda Thakura, la bhakti potrebbe essere veramente paragonata a una corrente elettrica. I devoti (sadhu) sono come un filo di rame che trasporta la corrente elettrica, sono il mezzo che trasmette la devozione amorevole e altruista. Dopo averla ricevuta loro stessi, i devoti desiderano solo darla agli altri.

Satyaraj das

(da Krishna.com)