Avevo sentito parlare della comunità di Bose, in realtà si tratta di un convento, dove vivono circa 80 persone. Da Wikipedia: “La Comunità Monastica di Bose è una comunità religiosa formata da monaci di entrambi i sessi, provenienti da Chiese cristiane diverse. Sin dalla fondazione, la Comunità di Bose promuove un intenso dialogo ecumenico fra le differenti Chiese e denominazioni cristiane. Il fondatore della comunità è Enzo Bianchi; dal 26 gennaio 2017 il priore è Luciano Manicardi. Ha sede dal 1965 a Bose, frazione del comune di Magnano, in provincia di Biella.”

Naturalmente quella che segue è la mia breve esperienza personale, quella che ho vissuto io, e la descrivo candidamente; altri se visiteranno quella comunità potranno certamente vedere le cose da un altra prospettiva.

Lo scorso anno ho visitato alcune abbazie e ashram, non tanto per conoscere la loro filosofia, ma per vedere come accolgono le persone, vedere com’era l’atmosfera del luogo e magari trarre qualche buon insegnamento. E’ stata una esperienza positiva così quest’anno l’ho voluta ripetere. Ho dunque attraversato delle belle zone del Piemonte nord-orientale, poi la strada montana che va da Varallo Sesia a Biella e sono arrivato al piccolo paese di Magnano dove è situato il convento di Bose.

Chiedo ad alcune persone che me lo indicano: “Si, è a un chilometro più avanti.”

Proseguo per la piccola strada di paese che si snoda leggermente attraverso le colline e alla mia sinistra vedo apparire le case della comunità di Bose, sono diverse costruzioni situate in un altopiano circondato da boschi e, quasi nel mezzo della piccola pianura, un sentiero dritto che porta oltre la collina. Il luogo è di una grande bellezza, c’è un grande senso di pace e di serenità. Mi aspettavo un antico convento, gli edifici invece sono moderni ma in armonia con l’architettura locale. All’inizio del complesso si trova la parte ‘pubblica’, dove arrivano i visitatori e si trova la reception, oltre, a circa cinquanta metri, il convento vero e proprio. Francesca, una ragazza minuta e di una bellissima gentilezza, mi spiega alcune cose, dove parcheggiare l’auto, dove andare e cosa succede a Bose in questo periodo dell’anno.

Cammino qua e là, poi entro nello shop arredato in modo eccellent e dove si vede chiaramente la mano di un architetto bravo e sensibile in quanto abbondano il legno, l’ordine e una semplice eleganza.  Ci sono conserve, miele, erbe e alcune opere artigianali come dipinti e sculture in legno. Alcuni prodotti sono opera dei monaci di Bose, altri vengono da fuori. Poi ci sono centinaia di libri scritti da Enzo Bianchi e da altri autori, probabilmente in maggior parte cattolici. I temi sono la teologia, e anche la famiglia, e poi racconti, testimonianze e molto altro. Ma non c’è nessuno alla cassa. Un cartello all’entrata ci dice: “Prendete quello che vi interessa e mettete la vostra offerta nella cassetta. Ci fidiamo di voi.” Bello vero?

Leggo alcune frasi prese dai libri e prendo alcuni appunti. Mi colpiscono alcune frasi… che gli autori abbiano letto i libri di Srila Prabhupada?  🙂

All’entrata della chiesa un cartello invita i fedeli a ‘rispettare il massimo silenzio in questo luogo sacro’. Cosa giustissima. Il tempio e la chiesa non sono luoghi di ritrovo, dove parlare del più e del meno, ridere e scherzare, la nostra concentrazione è su Dio. Quello che ho notato è il silenzio, oppure anche il parlare a bassa voce, anche nello shop. Come dire, ‘Siamo in un luogo importante, non sono io ad alzare la voce, a mettermi in mostra, ad essere al centro, io parlo piano, è il luogo in cui sono che deve parlarmi, è una voce dall’alto che mi deve parlare.’

Alle 18:30 la messa, partecipano un centinaio di persone, sono tutti ospiti di Bose per un ritiro spirituale, in questo periodo si tiene un corso di letture bibliche. Entro anch’io e dopo alcuni minuti entrano solennemente e silenziosamente i frati e le suore, portano una lunga tonaca color bianco luminoso e un cappuccio. Molti sono piuttosto giovani, i visi sono di persone sobrie e di una certa profondità. Intonano dei canti in italiano, ma ahimè li trovo piuttosto tristi. Ho pensato alla gioia che suscita il Santo Nome, il maha mantra Hare Krishna. La sensazione era certo di grande serietà e di raccoglimento, qui avviene qualcosa di importante;  ma non ho visto gioia in quei canti e nei visi delle persone e non lo dico per criticare, è stata la mia sensazione. Ma chissà, forse la gioia  c’era, nascosta nel loro cuore.     

Prendo un quadernino e scrivo alcune riflessioni (certamente incomplete) riguardo la parola comunità. Cos’è una comunità?

Quali sono le parole che ‘fanno’ una comunità?: accoglienza, insieme, dialogo, condividere, unione, amicizia, condivisione. E anche amicizia, comunione, comunicare, solidarietà, tolleranza, aiuto.

Le parole che non fanno una comunità: solitudine, diffidenza, isolamento.

Cosa non dovrebbe esistere in una comunità: promiscuità, pettegolezzi, orgoglio, isolamento (nel senso di disprezzo verso gli altri che non vivono nella comunità).

Ho pensato a come una persona, definiamola normale, vede un religioso, cosa si aspetta da una persona che vive e pratica la vita spirituale? Ho cercato di mettermi nei panni degli altri; “Come vedi una persona spirituale?” Lui (o lei) mi risponde: “Secondo me è una persona che crede negli insegnamenti della propria fede, e poi è serena, buona, onesta e gentile con gli altri. E’ quello che mi aspetto di vedere da chi pratica la vita spirituale. Naturalmente anche per lui o lei ci potranno essere degli alti e bassi, ma queste caratteristiche penso debba averle, almeno in buona parte.”

Poi, dopo qualche ora, proseguo il mio viaggio. Non voglio definirla, ‘un’esperienza unica e meravigliosa’ No, non è stata un’esperienza del genere, ma una visita che mi ha fatto capire qualcosa, ho fatto un piccolo passo avanti. Non so come è la vita dentro il convento, se ci sono problemi o tensioni, o tutto è come sembra, da quello che ho visto è un luogo situato in una zona bellissima, tutto è pulito, ordinato e ben studiato, concepito pensando a tutti i particolari, ho visto molto sattva guna e persone sobrie  e serene. Non penso che teologicamente potremo imparare molto da loro, ma potremo comunque sempre imparare qualcosa, possiamo vedere come gli altri accolgono le persone, che attitudine hanno e che atmosfera si percepisce in quel luogo. Possiamo imparare qualcosa da tutti, siano essi religiosi o laici.

Sajjana Ashraya das