Il Ramayana descrive come Ravana (potete leggere della sua storia nel Canto 9 dello Shrimad Bhagavatam) abbia agito in modo demoniaco per la maggior parte della sua vita e si sia rifiutato di migliorare nonostante i continui buoni consigli e i molti avvertimenti. La sua incorreggibilità solleva una questione importante riguardo la natura umana. Alcune persone sono intrinsecamente cattive? E questo solleva una domanda ancora più importante: le persone in generale sono intrinsecamente buone o intrinsecamente cattive? Proviamo a considerare entrambe le possibilità.

Le persone sono buone per natura?

La maggior parte di noi vorrebbe credere che le persone siano fondamentalmente buone. Almeno che le persone credano che noi siamo fondamentalmente buoni. E se vogliamo che gli altri ci credano, non dovremmo ricambiare e credere che anche loro siano intrinsecamente buone?

Naturalmente quello che crediamo delle persone non cambia la realtà. Anche un po’ di esperienza di vita ci mostra che le persone possono comportarsi male, anche in modo odioso. Se non abbiamo mai incontrato persone così, allora potremmo essere tra i pochi che sono stati protetti dalla dura realtà del mondo. Per avere un’idea di questa realtà, basta guardare le notizie: vediamo persone che commettono violenze, omicidi e persino genocidi.

Ma molti di noi possono sperare che anche se quelle persone si comportano male, possono comunque essere buone. La nostra speranza si rifà all’ethos contemporaneo, che spesso difende la bontà innata dell’individuo. Quando vengono presentate delle prove di persone che si comportano in modo terribile, molti nei media mainstream e nel mondo accademico sostengono una qualche forma di determinismo sociale, ovvero la teoria secondo la quale le persone sono in gran parte il prodotto delle loro situazioni sociali, il che include fattori educativi, economici e politici. Il determinismo sociale sostiene che prima che questi fattori inizino ad agire, noi nasciamo tabula rasa. Se delle persone crescendo si comportano male, questa teoria attribuisce quel comportamento a dei fattori esterni negativi. Questi fattori li hanno condizionati a tal punto da rendere comprensibile o addirittura inevitabile il loro cattivo comportamento.

Con questa visione del mondo, la soluzione al male risiede nell’ingegneria sociale. Se cambiamo la situazione delle persone, e viene dato loro accesso all’istruzione, al lavoro e a un ambiente politico favorevole, la loro innata bontà apparirà. E a sostegno di questa visione, è vero che molte persone, quando viene dato loro un ambiente migliore, migliorano.

Ma molte altre persone non cambiano. Se poste in ambienti migliori, se ne approfittano e continuano a comportarsi male.

Inoltre, il determinismo sociale trascura la realtà, spesso osservata, che due individui con lo stesso passato negativo seguono traiettorie di vita estremamente diverse. Uno diventa negativo e vendicativo e si abbandona alla violenza, l’altro diventa responsabile e pieno di risorse, e nell’oscurità che lo circonda trova un percorso di luce che lo porta verso un futuro luminoso.

Un altro problema del determinismo sociale è che molte persone negative non hanno avuto un passato particolarmente negativo. Ad esempio molte persone che diventano terroristi provengono da buone famiglie e sono istruite, intelligenti e benestanti. Un buon esempio di questo è Ravana. Era nato da un saggio, aveva studiato la saggezza delle scritture e non era mai stato a corto di ricchezza. Eppure è diventato molto malvagio. Cosa lo ha reso così? Attribuire questo a qualcosa di esterno a lui vuol dire essere ciechi alla realtà; di fatto dentro di lui c’era qualcosa di gravemente sbagliato. Dato che l’osservazione e l’esperienza contestano fortemente l’idea che le persone siano intrinsecamente buone, diamo un’occhiata all’idea opposta.

Le persone sono intrinsecamente cattive?

Considerare questa idea può essere spaventoso. Dopotutto siamo creature sociali e abbiamo bisogno di vivere con delle persone quasi costantemente. Se le persone fossero intrinsecamente cattive, allora dovremmo vivere sotto la costante minaccia di essere ingannati, attaccati e uccisi; e questo renderebbe sgradevole, se non insopportabile, qualsiasi tipo di vita in comune. E poiché ognuno di noi rientra nell’ambito del termine “popolo”, questa idea implicherebbe che anche noi siamo intrinsecamente cattivi, una prospettiva a dir poco veramente sconcertante. Anche se il meglio di noi a volte può soccombere ad azioni sbagliate, ci piace credere di essere fondamentalmente buoni. Se non ci credessimo, vivere con noi stessi sarebbe difficile. Se ci considerassimo intrinsecamente cattivi, potremmo iniziare a detestarci, e questo renderebbe la nostra vita in gran parte invivibile.

Potremo esitare ad accettare il fatto che le persone siano intrinsecamente cattive, ma possiamo accettare senza esitazione una versione più mite di quell’idea: che alcune persone possono essere intrinsecamente cattive, per esempio i criminali.

Ma tale caratterizzazione evita una domanda difficile: dato che sono esseri umani, cosa li differenzia veramente dal resto dell’umanità? Appiccicare loro l’etichetta di criminali potrebbe essere una scorciatoia per porci su un terreno morale elevato? Quando li trattiamo come così drasticamente diversi da noi, stiamo forse solo risparmiandoci il dolore di guardarli troppo da vicino, per non vedere in loro il riflesso della nostra natura più bassa?

Potrebbe esserci qualcosa di innato in ognuno di noi, quella cattiveria che si manifesta a un livello estremo nelle persone che etichettiamo come criminali?

La nostra speranza che le persone siano fondamentalmente buone può essere riconciliata con la realtà che le persone a volte possono comportarsi in modi terribili? Sì, comprendendo ciò che è innato dentro di noi a due livelli, come spiega Krishna nella Bhagavad-gita. Questi due livelli corrispondono a due livelli di realtà nel nostro mondo interiore: l’anima e la mente. Nel nostro nucleo siamo esseri spirituali, anime. E abbiamo una mente, lo strumento con il quale l’anima si relaziona con il corpo fisico e il mondo esterno. L’anima ha il potenziale per la bontà, ma la mente spesso tende al male.

La nostra speranza che le persone siano innatamente buone è vera per quanto riguarda la parte più intima del nostro essere: la nostra divinità intrinseca. Come anime, siamo parti di Dio. Con questa connessione divina, il potenziale della bontà è al centro del nostro essere. E questo vale per tutti, non importa quanto depravato sia il nostro attuale comportamento.

Ma se le azioni esterne sono molto diverse dal potenziale interiore, da dove viene questa differenza? C’è qualcosa dentro di noi che ci fa agire male? Si, c’è. Nella nostra mente c’è una propensione al male. La forza di tale propensione dipende da quanto sono basse le impressioni accumulate nella nostra mente. Queste impressioni sono state formate dalle nostre azioni passate, sia in questa vita che nelle vite precedenti.

Quanto sopra implica che noi non nasciamo tabula rasa, con la nostra mente che non contiene impressioni e nemmeno nasciamo come degli specchi puliti, con la mente che riflette la purezza della nostra parte divina. La lavagna della nostra mente è contaminata da molte impressioni dalle nostre vite passate. E poiché tutti abbiamo compiuto azioni diverse nelle nostre vite passate, la nostra natura individuale si situa tra il divino e il demoniaco. Nasciamo con una natura demoniaca se abbiamo agito male nelle nostre vite precedenti, e riempito la nostra mente di impressioni negative che in questa vita ci spingono verso azioni negative. Nasciamo con una natura divina se abbiamo compiuto buone azioni nelle nostre vite passate, e riempito la nostra mente di buone impressioni che ci ispirano a compiere buone azioni in questa vita.

È importante capire che le nostre azioni non sono determinate solo dalle nostre impressioni passate. Quelle impressioni ci spingono in una direzione, ma non ci obbligano ad andarci. Abbiamo sempre del libero arbitrio, perché esso è intrinseco all’anima. Il modo in cui tendiamo a usare il nostro libero arbitrio è modellato sia dalle nostre impressioni mentali che dalle nostre situazioni sociali ed entrambi questi fattori modellano le nostre azioni.

Perché qualcuno diventa incorreggibile

Possiamo paragonare il nostro innato potenziale di virtù con la corrente elettrica. La corrente del nostro potenziale deve passare attraverso la nostra mente per manifestarsi come azioni buone. Ma la nostra mente, con le sue numerose impressioni, può o non può permettere che quella corrente si trasmetta. Quelle impressioni possono agire come conduttori, semiconduttori o isolanti per la nostra intrinseca spiritualità. Le persone le cui impressioni agiscono come conduttori appaiono intrinsecamente buone. Quelle le cui impressioni agiscono come isolanti appaiono cattive. Nella maggior parte delle persone, le impressioni mentali possono agire come semiconduttori.

Ancora una volta, spingere non vuol dire costringere. Anche se le persone hanno impressioni interiori che le spingono a comportarsi in particolari modi, non è solo questo a determinare il loro comportamento; anche i fattori esterni lo modellano se essi agiscono in base alle loro impressioni. Una cultura che ama e premia la bontà scoraggia l’azione demoniaca. Una cultura che esalta il potere e il piacere, senza considerare come vengono acquisiti, elimina ogni remora. All’interno della tendenza generale di una certa cultura, anche la compagnia specifica che le persone cercano o ottengono plasmerà il modo in cui agiscono. Grazie a una buona compagnia, chi vive nel male può volgersi al bene, mentre a causa di una cattiva compagnia chi è dedito al bene può volgersi al male. Così il sistema di valori complessivo della cultura e la compagnia specifica di un individuo si combinano per plasmare le sue azioni.

Come si applica questa analisi a Ravana? Per una maledizione che aveva ricevuto molto tempo prima da alcuni saggi conosciuti come i Kumara, aveva delle profonde tendenze demoniache. In quella vita nacque da un’unione tra un brahmana (un essere umano) e una principessa demoniaca (una Raksasa). Acquisì alcune qualità di suo padre, come la capacità di studiare le Scritture, ma assunse molte caratteristiche di sua madre demoniaca. Ma più che dai suoi genitori, il suo essere venne plasmato dalle sue scelte. Scelse di agire in base ai suoi impulsi demoniaci fino a quando non ebbero formato completamente il suo carattere. Sebbene eseguisse severe austerità, il suo intento non era quello di purificarsi dalle sue attitudini interiori, ma di aumentare il suo potere esteriore. Tutti i poteri che ottenne eseguendo delle austerità, li utilizzò per agire in base ai suoi impulsi demoniaci in modo ancora più distruttivo.

Se avesse ascoltato i buoni consigli avrebbe potuto controllare i suoi impulsi. Ma insieme alla sua grande potenza aveva una grande arroganza, che lo rendeva insensibile, persino sprezzante, dei buoni consigli. E quando quell’inebriante combinazione di potere e arroganza è stata accesa da una lussuria esplosiva, è stato come innescare una bomba ad orologeria che ha iniziato a ticchettare quando Ravana ha rapito Sita, ed è esplosa quando è stato ucciso da Rama.

Come va a finire la guerra interna

Le impressioni interiori e le influenze esterne spesso interagiscono in modi complessi nel modellare le azioni di determinate persone.

La propensione al male può apparire nelle situazioni più improbabili. Ad esempio, anche se Vali fosse figlio di Indra, il re degli esseri celesti, si lasciò sviare dalla rabbia e dall’arroganza. Di conseguenza finì per perseguitare il proprio fratello e impossessarsi di sua moglie.

Anche un potenziale di bontà può apparire nelle situazioni più improbabili. Ad esempio anche se sia Ravana che Vibhishana fossero cresciuti nella famiglia demoniaca della madre, Vibhishana diventò un santo devoto. E la sua virtù fu riconosciuta e premiata da Rama, che lo insediò come successore di Ravana come re di Lanka, ed egli fece vivere ai cittadini di quell’isola giorni molto migliori rispetto a quelli fatti di prosperità temporanea fornita da Ravana.

Il Bhagavatam descrive come uno degli eroici assistenti di Rama, un generale scimmia di nome Dvivida, molti anni dopo si rivoltò contro Krishna e bramasse le gopi di Vrindavana, le consorti di Krishna. La stessa scimmia che aveva combattuto nel Ramayana per far tornare il Signore con la Sua consorte Sita, in seguito divenne così degradato che combatté contro quello stesso Signore, che era apparso come Krishna, perché voleva per sé le consorti di Krishna. La perversione di Dvivida era stata causata in parte da una cattiva compagnia. Lui fece amicizia con il demone Narakasura e finì per adottare l’attitudine di quel demone.

Questi esempi mostrano che le impressioni con cui nasciamo non rimarranno necessariamente con noi per tutta la vita; il nostro comportamento in una fase della vita può lasciare il posto a un tipo diverso di comportamento in un’altra. Anche all’interno della stessa situazione, il nostro essere può essere in uno stato di mutamento; possiamo migliorare grazie a una buona compagnia e da buone azioni, o degradarci a causa di una cattiva compagnia e cattive azioni.

Tutte queste sottigliezze evidenziano il problema di trovare delle soluzioni semplicistiche a dei problemi sociali complessi. Alcune persone attribuiscono tutti i problemi comportamentali a un fallimento nell’ingegneria sociale, che secondo loro, è causata dalla corruzione di chi è al potere, in particolare dai politici. Mentre molti politici mettono il profitto personale al di sopra del benessere sociale, nessuna classe di persone ha il monopolio del male. In effetti se a quegli stessi critici fosse concesso lo stesso potere dei politici, anche loro potrebbero diventare corrotti come i politici che condannano. Dare per scontato che chi è al potere vi sia arrivato e vi rimanga a causa della sua venalità è essere cinici all’estremo; è negare l’impegno e la capacità che sono spesso necessari per avere successo in qualsiasi area della vita.

Il punto qui non è difendere i politici, ma difenderci dalla tentazione di incolpare gli altri o trovare delle soluzioni superficiali. Dobbiamo invece assumerci la responsabilità di fare la nostra parte per far emergere il nostro potenziale buono per aiutare gli altri a fare lo stesso, e possiamo persino incoraggiare gli altri a diventare altrettanto responsabili, facilitando le necessarie disposizioni sociali.

Come il cambiamento sociale può aiutare il cambiamento interiore

Sebbene l’ingegneria sociale non sia l’unica soluzione, questo non significa affatto che le condizioni esterne non contino. Affidare la responsabilità di cambiamento interamente all’individuo significa virare troppo all’altro estremo. I fattori esterni modellano il comportamento umano.

Consideriamo chi è in gran parte dedito alle sue tendenze negative. Niente può impedirgli di fare delle cose orribili, anche quando quegli atti creano un destino orribile per lui in futuro e feriscono immensamente gli altri nel presente. Queste persone devono essere assolutamente fermate e punite dalla legge. Ecco perché ogni società civile ha bisogno di forze dell’ordine efficienti e di un dipartimento di giustizia. Nel contesto del Ramayana, l’incorreggibilità di Ravana è stata la ragione per cui Rama ha dovuto organizzare una guerra per porre fine al regno del terrore di Ravana.

Sono necessarie delle strutture sociali adeguate non solo per punire i trasgressori, ma anche per dissuadere le persone dal fare di peggio. Se non esistesse uno stato di diritto, la gente comune potrebbe indulgere in piccole trasgressioni e le piccole trasgressioni possono degenerare in crimini efferati.

I sistemi sociali possono anche aiutare le persone a cambiare in meglio. Alcune persone potrebbero essere pronte a far emergere il loro potenziale buono, ma non se questo le mettesse socialmente in serie difficoltà. Ad esempio pochissimi residenti di Lanka ebbero il coraggio di convincersi che Vibhishana avesse dovuto andare contro il loro re, Ravana. Ma quando Vibhishana fu messo sul trono come re di Lanka, iniziarono ad agire bene sotto il suo giusto governo.

Questi esempi ci mostrano l’importanza del cambiamento sociale nel favorire il cambiamento interiore: esso non è l’unica causa, ma può essere un forte catalizzatore. L’individuo è il soggetto responsabile, e le strutture sociali di supporto possono aiutarlo meglio ad agire in modo più responsabile.

Sapere chi aiutare e come aiutare

Non importa come le persone si comportano adesso, il potenziale per il bene esiste in ognuno di noi. Con il tempo, le opportunità, l’incoraggiamento e un po’ di amore sincero, quel potenziale apparirà. Può manifestarsi attraverso un profondo cambiamento di cuore in questa stessa vita, oppure può apparire attraverso un graduale risveglio che può richiedere diverse vite.

Il Bhakti-yoga è un processo consacrato dal tempo fatto per liberare il nostro potenziale di bene e per purificarci dalla propensione al male.

È particolarmente potente perché non si basa solo sul nostro limitato potere di cambiare noi stessi, ma anche sul potere infinito di Dio di aiutarci a cambiare. Non c’è da stupirsi che la saggezza della bhakti proclami che la natura umana, per quanto distorta possa essere al momento, è sempre riformabile. Tuttavia, dev’esserci una condizione essenziale: la volontà di quell’individuo di riformarsi. Senza di questo, nessuno può aiutarci, nemmeno Dio. Nemmeno Rama poteva riformare Ravana. Sebbene il potenziale di bontà esista in ogni cuore, quel potenziale non appare automaticamente; ha bisogno di lottare contro la propensione al male.

Questa lotta richiede una reale dedizione e una vigilanza instancabile: coltivare e nutrire il nostro lato buono, canalizzare tutte le buone impressioni che abbiamo; e vigilare per controllare la nostra propensione al male ogni volta che esso inizia ad emergere. Se qualcuno non ha questa prontezza, non possiamo fare molto per aiutarlo: la parte migliore della persona potrebbe non essere visibile e nemmeno la persona averne consapevolezza, almeno per il prossimo futuro.

Quando vogliamo aiutare gli altri, non possiamo essere solo sentimentali; dobbiamo ricordare che possiamo aiutarli solo se vogliono essere aiutati. Se non sono pronti ad ascoltare dei buoni consigli, potremmo dover stargli a distanza per non lasciarci trascinare giù. Certo, possiamo e dobbiamo pregare per il loro benessere, ma potremmo anche aver bisogno di riconoscere che non riusciamo ad aiutarli a migliorare, almeno nella loro condizione attuale. Tuttavia, l’unica persona di cui possiamo gestire maggiormente una correzione siamo noi stessi. Se ognuno di noi agisce al meglio delle sue capacità, può fare la differenza in positivo, questo certamente nel nostro mondo interiore e possibilmente anche nel mondo esterno.

(Articolo tratta dal BTG dal sito btg.krishna.com)