Sto diventando vecchio. Lo ammetto: i capelli si stanno diradando, la schiena sta cedendo e fra un po’ arriveranno gli occhiali. Materialmente parlando, è una storia in discesa. Ma spiritualmente, il passare del tempo dovrebbe offrire una serie di doni inestimabili: più maturità, più esperienza, più conoscenza e più opportunità di servire. Forse, ma negli ultimi mesi sono giunto alla dolorosa conclusione che con l’invecchiamento spirituale ho anche perso qualcosa di inestimabile. Da qualche parte lungo il cammino sono uscito fuori strada. Ho perso la mia semplicità, la mia innocenza infantile e l’umile sincerità con cui ho iniziato questo viaggio. Nel corso degli anni ho sviluppato delle capacità, sono arrivati ​dei ​risultati e ho ricevuto dei riconoscimenti, ma con essi è emersa una mentalità calcolatrice, complicata e corrotta. Come posso riportare l’orologio indietro? Come altre cose nella vita, non ho mai veramente apprezzato la mia innocenza finché non l’ho persa.

Ricordo i giorni in cui recitavo il santo nome e cantavo con serietà. Oggi la mia mente è attratta dalle melodie, dai ritmi e dai volti che mi circondano. Ricordo di aver ascoltato lezioni e sentito ogni parola significativa, pratica e illuminante. Oggi sto sull’attento, faccio valutazioni critiche sull’oratore e annoto i punti interessanti con cui posso impressionare gli altri. Ricordo i giorni in cui cercavo con impazienza qualsiasi opportunità per servire. Oggi valuto tutto, analizzo i costi e i benefici e calcolo quello che “vale davvero il mio tempo”. Mi sentivo onorato e reso umile nell’incontrare qualsiasi altro devoto. Oggi mi riservo di giudicare finché non li ho valutati in termini di cultura e di loro credenziali. Cosa è successo? Mi sembra di aver perso la trama.

Alcuni dicono che è una questione di praticità: con l’età, dobbiamo esercitare intelligenza e discriminazione nella vita spirituale. Alcuni ritengono che questo entusiasmo giovanile e questo desiderio infantile siano riservati agli stadi iniziali della vita spirituale. Alcuni potrebbero dire che la vita è complessa e un approccio semplicistico non è né sostenibile né efficace. Non ne sono così sicuro. Non sto dicendo che dovremmo essere infantili, ma mi piacerebbe davvero essere di nuovo infantile. Sono convinto che ci sia un modo per trovare quell’innocenza e quella semplicità senza essere ingenui, sciocchi o artificiali. Ci deve essere. Tuttavia, richiede un’immensa profondità spirituale. Il grande maestro Bhaktisiddhanta Saraswati Thakur, ci ha dato questo punto in un sutra pieno di energia – saralata ei vaisnavata (“la semplicità è vaisnavismo”). Semplicità, ha detto, non significa doppiezza; ma una completa assenza di pretenziosità, di inganno e di artificiosità. Sono queste anime dal cuore semplice che Krishna cerca avidamente. Se falliamo in questo, perdiamo l’essenza. Per favore continuate a ricordarmi di cercare quel bambino interiore. Viviamo nella speranza. Prego che non ci voglia ancora troppo tempo per tornare di nuovo bambino.

Sutapa Das

(dal blog Sutapamonk)