Sri Caitanya Mahaprabhu

Il vocabolario spiega così la parola “meditazione”: “Prolungata e intensa applicazione delle facoltà spirituali e intellettive su un argomento o un problema. Pratica ascetica, consistente in una forma di preghiera mentale o anche di predica, destinata ad alimentare la possibilità del credente nei confronti della sua fede mediante la riflessione e la contemplazione.”

Nell’antica tradizione indiana, ci sono sei sistemi filosofici, o sad-darshan (la parola darshan viene definita come “visione”): purva mimansa, uttara mimansa, sankhya, vaiseshika, nyaya, e yoga.

Il purva mimansa e l’uttara mimansa si basano sullo studio dei Veda, il sistema filosofico sankhya si basa sull’analisi delle nature materiali e spirituali, vaiseshika, sulla conoscenza del mondo materiale, nyaya riguarda la scienza della logica e yoga è il sistema filosofico stabilito dal grande saggio Patanjali. Gli antichi maestri hanno diviso i vari sistemi filosofici in sei categorie che racchiudono tutte le filosofie di vario ordine e grado presenti sulla Terra. Al di là dell’analisi della materia e dello spirito, sono giunti alla conclusione che ci sono due concetti specifici: l’Assoluto impersonale e l’Assoluto personale. La visione prevalente, in questo mondo moderno, è che l’Assoluto viene compreso, al meglio, come un’energia priva di forma e qualità.

Siccome le imperfezioni umane derivano dall’avere una forma fisica con tutte le sue limitazioni, alcuni filosofi sono giunti alla conclusione che il Trascendente è impersonale. Come conseguenza, pensano che la liberazione più elevata a cui si possa giungere sia l’annullamento della propria personalità, fondendosi in un assoluto impersonale, in questa energia cosmica, il brahman, ottenendo una certa forma di felicità. Colui che in origine ha proposto questa filosofia impersonale è una personalità eccezionale apparsa nel VIII^ secolo in India, il cui nome era Shankara Acarya. Questa allettante filosofia, allontanandosi dal buddismo (il quale nega l’esistenza di una entità spirituale individuale), propone che noi siamo esseri spirituali immortali, distinti dal corpo di materia. La liberazione ultima, secondo Shankara, è il fondere la nostra identità spirituale infinitesimale in questo infinito brahman, l’energia primordiale che tutto pervade e sostiene.

I filosofi personalisti si allontanano da questa concezione, dichiarando che, sicuramente il brahman è un’energia eterna e onnipervadente, ma non è la causa ultima, non è la causa originale di tutto. Una spiegazione è che ogni energia deve avere una fonte, un energetico, come i raggi solari originano dal globo solare, non sono diversi dal Sole, ma uno è la sorgente dell’altro. Questi grandi saggi personalisti spiegano che la verità ultima si divide in tre aspetti:

  • il primo livello è il brahman, lo spirito che tutto pervade;
  • il secondo è l’aspetto localizzato e onnipresente chiamato Anima Suprema, la meta tanto ambita dagli yogi che seguono il sistema di Patanjali. Questo è l’aspetto dell’Assoluto localizzato nel cuore di ogni essere vivente, onnipresente, che dirige l’errare di ogni essere vivente situato in un corpo di materia. Questi yogi distinguono tra l’anima e l’Anima Suprema, ma la loro ambizione è quella di fondersi nel corpo dell’Anima Suprema, in ultima analisi perdendo la loro individualità. Queste argomentazioni sono certamente esoteriche e purtroppo, la società moderna, preoccupata solo nel mantenere il corpo, magari nutrendo la mente e l’intelletto tramite la poesia, la musica, la letteratura, l’arte, non riesce ad avvicinarsi al livello spirituale che al di là dei sensi, mente e intelligenza.
  • ed infine, dulcis in fundo, esiste una rivelazione corroborata dalle menti più illuminate che sono mai esistite, quali Sri Vyasa (o Vyasadeva), l’autore originale dei quattro Veda, Narada Muni, precettore di Vyasadeva, e molti altri saggi antichi e moderni, come Sri Caitanya Mahaprabhu, che rivelò al mondo intero che l’Assoluto impersonale rappresenta solo una realizzazione parziale, e la felicità che ne deriva è insignificante rispetto all’oceano di felicità derivante dalla conoscenza dell’Assoluto personale, Krishna, Dio, la Persona Suprema.

Nonostante questa conoscenza sia eterna, era caduta nell’oblio e, circa 500 anni fa, fu riportata alla luce da Sri Caitanya Mahaprabhu, che ha inaugurato il movimento della bhakti.

Lo scopo del bhakti yoga consiste nel conoscere la nostra relazione con l’Assoluto personale, la Persona Suprema, Krishna, sviluppando quell’amore che è già presente nel cuore dell’essere umano, nel suo stato latente. Questo grande maestro, Sri Caitanya Mahaprabhu, nacque nel 1486, visse per 48 anni e inaugurò un rinascimento spirituale in India, mentre in Europa fioriva una nuova cultura, tra gli altri per opera di Leonardo da Vinci e Michelangelo. Nello stesso periodo, grandi mistici come San Giovanni della Croce e Santa Teresa d’Avila diedero nuova vita al cristianesimo.

Quello che Sri Caitanya portava era una nuova visione della vita basata su una relazione personale con l’Assoluto, mediante una pratica strutturata dal canto dei mantra, dalla meditazione, dalla preghiera, dall’adorazione e dal servizio.

Le varie forme di yoga quali karma, jnana, astanga sono metodi di affinamento della coscienza, di controllo della propria mente, tuttavia i vari traguardi raggiunti da questi metodi di yoga sono dovuti a un elemento fondamentale: la bhakti, l’amore. Questi vari metodi sono funzioni evolutive che culminano nella bhakti, nello sviluppo di un amore verso la Persona Suprema, Krishna, che compie diverse attività che ci possono aiutare nel nostro cammino graduale.

La conoscenza della bhakti è a completa disposizione di tutti ed è offerta senza discriminazione di colore, credo, età, genere, posizione sociale ecc.

Questa breve esposizione non intende essere esauriente ma solo stimolare un apprendimento più profondo di ciò che è la realtà dietro all’illusione, con la lettura della Bhagavad Gita così com’è (Edizioni Bhaktivedanta) e di altri testi correlati, per il bene di tutti.

Om Tat Sat

Vasudeva Datta das