Un giorno, diversi anni fa, quando avevamo ancora la TV, mia mamma mi chiama e mi dice: “Vieni a vedere! C’è un bel film!”
Non guardavo mai la televisione e non credevo ci fosse qualcosa di bello da vedere, ma dopo qualche minuto la storia era sempre più interessante e ho pensato che aveva ragione. Era una storia vera, un fatto storico avvenuto durante la prima guerra mondiale sul fronte francese.
Il giorno di Natale i soldati francesi sentirono che dall’altra parte del fronte i soldati tedeschi cantavano delle canzoni di Natale; qualcuno nella trincea francese arrivò addirittura a pensare che forse si trattava di un subdolo trucco per farli intenerire e poi attaccarli e ucciderli più facilmente. Il cappellano militare francese però la pensò diversamente e osò andare dall’altra parte a proporre una tregua, almeno per il giorno di Natale. I tedeschi furono d’accordo, così per quel giorno in quella parte del fronte la guerrà si fermò. I soldati di entrambe le parti si incontrarono e dopo le prime diffidenze, ruppero il ghiaccio e cominciarono a diventare amici. Il risultato fu che da quel giorno non riuscirono più a combattersi. Si erano conosciuti e avevano visto che ‘i nemici’ erano persone proprio come loro, non dei mostri. Comunicando erano riusciti ad andare oltre la propaganda e l’odio nazionalista alimentato dai politici.
Alcuni ufficiali francesi però, molto insoddisfatti da quanto stava avvenendo, decisero di mettere fine a quella situazione anomala e fecero arrivare un grande predicatore che in modo molto acceso, predicò il verbo alla lettera: “Gesù diceva: ‘Sono venuto con la spada! Sono venuto per portare la guerra, non la pace, per dividere le famiglie….’ Dovete seguire Gesù e uccidere più tedeschi possibile!” Ma un’altra voce, quella del cappellano, diceva che Gesù parlava di perdono e di amore verso i nemici. I soldati, naturalmente, dovettero soccombere alle autorità militari e furono trasferiti in altre parti del fronte e costretti a combattere.
Ripensando a quel film e ambientandolo (con i suoi limiti) in un contesto ISKCON, mi sono venute in mente alcune riflessioni. Quale Prabhupada vogliamo seguire? Chi è il nostro Prabhupada? Amorevole, correttivo, una roccia di fede per Dio? Un amico, un salvatore? Cosa vuol dire mettere Prabhupada al centro? Cosa direbbe e cosa farebbe Srila Prabhupada se fosse qua oggi?
Ci sono molte opinioni a riguardo. Considerando la tendenza attuale nella ISKCON, a me sembra che Srila Prabhupada si concentrerebbe in modo particolare sulla crescita interiore del suo movimento. Con la sua frase: “Fate bollire il latte” intendeva dire di prendersi veramente cura di quello che abbiamo e rendere tutto più dolce, più denso e più nutriente.
Da questa base, le cose si sarebbero espanse naturalmente; e questo non vuol dire che la ISKCON debba smettere di diffondere il suo messaggio al di fuori. Va benissimo concentrarci sulla predica e sulla distribuzione dei libri, ma se ci concentriamo sulla crescita personale e ci prendiamo più cura di chi fà parte di questo movimento spirituale, potremo raggiungere risultati maggiori e più duraturi, sia dentro noi stessi a livello individuale che nel nostro movimento e anche all’esterno.
Ci sono delle parole chiave che emergono come “training”, “relazioni” e “accoglienza” e una frase di Prabhupada “Do the needful”, “fate il necessario.”
Alcuni esempi:
Concentrarsi sulla famiglia e sul fatto di avere dei matrimoni stabili è molto importante, molto più di quello che pensavamo.
Conoscere l’arte di accogliere le persone nelle nostre comunità e aiutarle veramente, prenderci cura di loro come figli e figlie spirituali è importante.
Un’altra cosa, e questa mi è stata suggerita, è che molti conflitti nel mondo, e perfino nell’ISKCON, sono basati su una conoscenza superficiale che abbiamo gli uni degli altri. Non siamo nemici 🙂
E se tutto l’entusiasmo, la dedizione e gli sforzi che sono stati messi nel sankirtan andassero rivolti anche a chi è dentro il movimento? Lo stesso entusiasmo, la stessa dedizione.
E se avessimo delle maratone di sei scambi di amore vaishnava? E delle maratone di lettura, maratone di gentilezza? Maratone di buon esempio? Maratone di amicizia e di unità? Perché non diventare degli esperti di tutto questo?
È molto possibile che oggi mettere Srila Prabhupada al centro significhi seguire le sue istruzioni con buon senso e fare le scelte giuste che vanno fatte in un particolare momento e in base ai bisogni degli altri. È proprio quello che lui ha fatto, e molto probabilmente è quello che vuole che facciamo anche noi.
Sajjana Ashraya das