Come terapista familiare, seguo le persone sia all’interno che all’esterno del movimento Hare Krishna. Recentemente ho ricevuto una mail da una giovane devota che era infelice a causa della sua relazione con il marito abusivo ma era combattuta dall’ipotesi di lasciarlo. “Forse va bene che mi senta male con me stessa”, mi ha scritto, “perché questo mi aiuterà a sviluppare dell’umiltà.”
Non era la prima volta che sentivo questa logica. La Bhagavad-gita insegna che l’umiltà è essenziale per il progresso spirituale. Sfortunatamente i devoti a volte pensano che sentirsi male con se stessi sia un prerequisito dell’umiltà. Vedo spesso dei devoti che hanno delle difficoltà con il concetto di autostima. Avendo letto le preghiere dei santi nella nostra tradizione, spesso pensano che i loro sentimenti di umiltà dovrebbero essere come quelli di queste grandi anime. Potrebbero paragonare una bassa autostima al progresso spirituale e continuare ad avere l’attitudine di avere poca considerazione di loro stessi. In questo modo possono attrarre nella loro vita delle persone che li trattano secondo i sentimenti che provano verso loro stessi.
La confusione deriva dal tentativo di equiparare i sentimenti che provengono dal nostro ego puro con i sentimenti che provengono dal nostro ego materiale, o falso. Le grandi anime esprimono dei sentimenti che derivano dal puro ego spirituale non contaminato dalle influenze della natura materiale. Quando si sentono, nelle parole del Signore Caitanya, “più bassi di un filo di paglia sulla strada”, questa per loro è un’emozione che li rende felici. Vedono la grandezza del Signore e vedono tutti gli altri più qualificati di loro e sono pieni di amore e di apprezzamento per tutta la creazione di Krishna.
Bhaktivinoda Thakura, un insegnante Vaisnava superlativo, ha composto molti bellissimi inni che esprimono la sua attrazione e il suo amore per il Signore; sono dei canti che esprimono la pienezza della meta del suo cuore – l’amore incondizionato per il Signore – e dei canti in cui lamenta la sua mancanza di devozione. Essendo un’anima pura, esprime il suo attaccamento e il suo amore per il Signore e allo stesso tempo il suo sentimento di non essere qualificato e senza speranza per ottenere quell’amore. Sono entrambi sentimenti autentici che derivano dall’umiltà, dall’attaccamento e dall’amore per il Signore.
Riconoscere i nostri difetti
Nelle prime fasi del nostro viaggio spirituale, possiamo provare una parvenza di queste emozioni, mentre Krishna prepara il terreno per coltivare la nostra devozione. Ricordo un’importante esperienza che ho avuto prima di diventare devota. Avevo delle difficoltà ad accettare le critiche ed ero certa che le mie opinioni fossero sempre giuste. Quella mentalità mi aveva creato numerosi problemi, sia professionalmente che personalmente. Per mesi non avevo accettato i consigli del mio supervisore su come svolgere il mio lavoro di responsabile degli alloggi universitari. La mia ostinazione rendeva tutto molto difficile e ne stavo soffrendo.
Finalmente, un giorno ebbi la grande consapevolezza che stavo sbagliando. Non solo mi sbagliavo su questo particolare problema, ma su tante cose. Non riesco a descrivere quanto sia stato liberatorio per me accettare la mia natura fallibile. Non dovevo più portare il peso di dover avere ragione su tutto. Mi sentivo umile ma allo stesso tempo mi si aprivano delle nuove possibilità. Per la prima volta nella mia vita da adulta ero riuscita ad ascoltare la mia autorità con vera sottomissione.
Questo cambiamento mentale mi ha preparato a prendere rifugio nel mio maestro spirituale e nei devoti. Quando Krishna ci aiuta a liberarci dal falso orgoglio, possiamo assaporare la dolcezza dell’umiltà. Ma a volte quando siamo ancora condizionati dalle influenze della natura materiale e ci identifichiamo con la nostra mente e il nostro corpo materiali, il sentirsi inferiori alla paglia per la strada può portarci al disgusto di noi stessi e allo sconforto. Questi sentimenti quindi ci impediscono di compiere le nostre pratiche devozionali.
Dobbiamo giudicare se il nostro modo di pensare è favorevole al servizio del Signore oppure è un impedimento. Paradossalmente, la maggior parte delle persone ha bisogno di sviluppare un ego materiale equilibrato prima di poterlo trascendere e realizzare il proprio ego spirituale. Una volta ho sentito dire che le persone con una sana autostima pensano a se stesse di meno, non meno di se stesse. Quando ci sentiamo bene con noi stessi, possiamo dedicare più tempo ed energia agli altri, piuttosto che ritrovarci bloccati dalla bassa autostima. Un’alta stima di noi stessi ci dà anche più libertà di agire secondo i nostri valori e le nostre convinzioni. Quando ci sentiamo male con noi stessi, possiamo fare le cose per compiacere gli altri. Nel tentativo di ricevere una convalida esterna, possiamo essere facilmente influenzati a fare delle cose che sono in conflitto con le nostre convinzioni.
Sentirsi degni e competenti
Nathaniel Branden, un noto psicologo, definisce l’autostima come “la disposizione a sentirsi in grado di affrontare le sfide fondamentali della vita e degni di felicità”. In che modo questi aspetti dell’autostima – fiducia in se stessi e rispetto di sé – sono in relazione con la coscienza di Krishna? Krishna vuole che tutte le anime intrappolate nel mondo materiale siano pacifiche e felici. La vita umana ci offre l’opportunità di impegnare i nostri talenti e le nostre capacità nel servire il Signore. Quando ci dedichiamo a servire il Signore, ci sentiamo gioiosi.
Un amico una volta ha dato a me e mio marito un aforisma incorniciato che dice: “Quello che sei è il dono di Dio per te, e quello che diventi è il tuo dono a Dio.”
Oltre a confondere l’umiltà con la bassa autostima, i devoti a volte mettono in correlazione il concetto di alta autostima con l’orgoglio e l’assorbimento su sé stesso. Ma in realtà è il contrario. Le persone che possiedono un’alta autostima dimostrano anche un atteggiamento più umile nei confronti degli altri. Mostrano la volontà di ammettere e correggere i loro errori, mentre le persone con una bassa autostima sono spesso sulla difensiva e sentono il bisogno di dimostrare di avere ragione.
In una famosa storia del Mahabharata, Krishna una volta incontrò Yudhishthira Maharaja e Duryodhana. Desiderando glorificare il suo devoto Yudhishthira, Krishna gli chiese di trovare una persona che fosse inferiore a lui e chiese al malvagio Duryodhana di trovare una persona più grande di lui. Yudhishthira aveva tutte le buone qualità. Era pacifico e soddisfatto di sé. Senza dubbio aveva una sana autostima. Eppure non riusciva a trovare nessuno che considerasse inferiore a lui. Di nuovo, questo è l’esempio di un Vaisnava avanzato che incarna la genuina umiltà.
D’altra parte, l’ingiusto Duryodhana ha cercato nel regno tutto il giorno e non è riuscito a trovare nessuno che considerava superiore a se stesso. Duryodhana era contaminato dalla vanità e dall’orgoglio. Invidiava e trattava male le grandi anime, era in costante ansia per la sua posizione e cercava sempre di eliminare i suoi concorrenti. Il suo senso di sé dipendeva da cose esterne come la posizione e il potere, e quindi non conosceva la pace interiore. Era tormentato dalla propria lussuria e dall’avidità.
Orgoglio e grande stima di sé
Pensare di essere grandi è orgoglio, non alta autostima. Una persona con un’elevata autostima mostra dell’umiltà. La perfezione dell’autostima si vede nelle persone completamente libere dal falso ego, dove l’umiltà è un prodotto della loro realizzazione spirituale. Nel nostro stato condizionato, potremmo identificarci di più con la mentalità di Duryodhana che con quella di Maharaja Yudhishthira. Ma mentre progrediamo nel nostro viaggio spirituale, ci percepiremo in modo diverso. Più ci rendiamo conto di non essere un creatore indipendente ma uno strumento, più sana diventerà la nostra autostima.
Nella vita materiale le influenze della virtù, della passione e dell’ignoranza ci influenzano. Queste modalità si mescolano e competono tra di loro per modellare il nostro stato d’animo, incluso il modo come noi pensiamo di essere. Le persone immerse nella modalità dell’ignoranza sono felici e si sentono bene con se stesse quando i loro sensi sono soddisfatti. Le persone immerse nella modalità della passione sono felici e si sentono bene con se stesse quando gli altri apprezzano e convalidano i loro successi. In queste modalità inferiori, il nostro senso di sé fluttua costantemente.
Le persone nella modalità della virtù sono felici e si sentono bene con se stesse quando agiscono con saggezza e seguono con coerenza i loro codici e i loro valori etici. Sono meno reattivi agli stimoli esterni, quindi la loro autostima dipende maggiormente dalla loro vita interiore, in questo modo hanno più controllo sul loro stato interiore, e quando le persone raggiungono la pura virtù, si rendono conto di essere degli strumenti del Signore e non si identificano più come gli autori delle loro attività.
L’esempio di Prabhupada
Il nostro maestro spirituale, Srila Prabhupada, ha mostrato un’alta stima di sé. Sebbene piccolo di statura, lo vedevamo grande. Teneva sempre la testa alta e si muoveva con determinazione e sicurezza. Parlava in modo diretto, con convinzione e coraggio. Le sue azioni erano coraggiose, eppure aveva un atteggiamento umile, sapeva che il suo successo dipendeva totalmente dal Signore. La sua umiltà è esemplificata nelle sue preghiere a bordo della nave che lo aveva portato per la prima volta dall’India agli Stati Uniti:
O Signore, sono proprio come un burattino nelle Tue mani. Quindi se mi hai portato qui per farmi danzare, fammi danzare, fammi danzare, o Signore, fammi danzare come Tu vuoi. Non ho devozione, né ho alcuna conoscenza, ma ho una forte fede nel santo nome di Krishna. Sono stato designato come Bhaktivedanta e ora, se vuoi, puoi mostrare il vero significato di Bhaktivedanta.
Con grande umiltà, Prabhupada terminò la sua lettera con:
Firmato, il più sfortunato, insignificante mendicante, A. C. Bhaktivedanta Swami
Da un lato queste preghiere mostrano che Prabhupada si sentiva molto umile, ma dall’altro aveva fiducia che per grazia del Signore avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. La preghiera ci fornisce anche la chiave per sviluppare la qualità della pura devozione: la fede nel santo nome di Krishna. Più forte è la nostra fede nella capacità del santo nome di trasformare la nostra coscienza materiale, più ci dedicheremo al metodo della recitazione e del canto (del maha mantra Hare Krishna). Canteremo con la massima concentrazione e attenzione possibile ed eviteremo accuratamente le offese che ostacolano il nostro progresso spirituale. Sarà meno probabile che sfrutteremo gli altri quando ci consideriamo i loro servitori, perché comprendiamo la nostra e la loro vera natura spirituale come parti di Dio. Siamo gloriose scintille di energia spirituale, con tutte le buone qualità, eppure ci sentiamo minuscoli alla presenza del più grande, il nostro Signore.
Con questa vera conoscenza, l’anima pura può avere contemporaneamente un’elevata autostima e anche umiltà. Quando ho condiviso alcuni di questi punti con la giovane donna che mi aveva inviato la sua domanda via mail, lei mi ha risposto: “È di grande sollievo vedere quei punti da questa prospettiva. Ora capisco che non devo continuare a vivere nella vergogna e nella violenza per sentirmi spirituale.” Poi mi ha suggerito di scrivere un articolo sull’argomento per la rivista Back to Godhead. Ho preso a cuore il suo suggerimento, dal momento che nel corso degli anni altri devoti mi hanno posto domande simili. Spero che questo possa essere utile anche ad altri.
Arcana siddhi devi dasi
(dalla rivista Back To Godhead)