Un giorno un uomo, uno spaccapietre, aiutò un’anziana signora a portare un pesante fardello. La signora ringraziandolo gli rivelò di essere, in realtà, una fata che poteva esaudire, per un giorno intero, qualsiasi suo desiderio. Lo spaccapietre immediatamente le chiese di farlo diventare il padrone della miniera dove lavorava. Si ritrovò nella miniera con indosso il vestito del padrone e incominciò a dare istruzioni alle persone attorno a lui.
Il sole però era molto caldo e, verso mezzogiorno, diventò cocente e stava quasi perdendo i sensi, egli allora pensò: “Vorrei essere io il sole.” In un attimo divenne il sole che illuminava tutta la terra, maestoso e sovrano. Una nuvola carica di pioggia passò di lì e coprì il suo fulgore, allora pensò: ” Voglio essere una nuvola!”.
  
Divenuto nuvola però si ritrovò a essere sballottato qua e là dal vento impetuoso, tanto che subito pensò: “Voglio essere il vento!”.
  
Divenuto vento si mise a soffiare con foga per tutto il cielo ma, giunto a una montagna si dovette arrestare, impossibilitato a passare oltre. In collera gridò: “Come vorrei essere una montagna!”.
  
Divenne allora una maestosa e imponente montagna che svettava nel cielo molto più alta delle altre e che nessun vento poteva smuovere. Ad un certo punto però sentì il battere di un mazzuolo su di uno scalpello e vide che un tagliapietre, pian piano, stava bucando il ventre della montagna.
 
Questo racconto suggestivo ci dà una chiara immagine della parabola del desiderio. L’essere umano trascorre la sua intera vita a voler diventare o possedere questa o quella cosa in cerca della felicità e dell’appagamento che sente essere l’obiettivo stesso della sua esistenza, ma alla fine del suo percorso di vita scopre di essere insoddisfatto e incompleto come lo era nel primo giorno, in cui piangeva disperatamente; il cerchio del desiderio si chiude lasciando a bocca asciutta la fame interiore di pienezza, gioia, amore, potere e libertà.
 
Il racconto non ci dà soluzioni ma ci mostra solo l’illusione che spinge ognuno di noi a cercare la felicità in qualcosa che possegga, in qualche misura, qualità da noi desiderate. Potremmo dire che il racconto ci fornisce solo metà della soluzione, la pars destruens, quella che demolisce una verità illusoria; manca però la pars costruens, quella che fornisce la soluzione, l’aspetto positivo capace di risolvere il problema esistenziale.
 
Ogni donna e uomo sulla terra consciamente o inconsciamente va cercando appagamento all’enorme vuoto interiore che si porta appresso, i cristiani la definirebbero una “croce”, una “colpa” originaria che sicuramente appare come un difetto di fabbrica, come se l’essere umano fosse costituzionalmente difettoso.
 
Il dilemma a livello esistenziale cresce: il desiderio perpetua l’illusione come disse il Buddha e ci lega alla ruota del Samsara, però rimane in noi una sete inestinguibile di Amore, di gioia, di forza, di pace, di bellezza che ci spinge a desiderare, allora più che una questione di negare il desiderio forse dovremmo imparare a direzionarlo, imparare come desiderare, dove cercare ciò che cerchiamo.
 
Bhakti Thirta Swami scrive in un suo libro che noi esseri umani siamo affamati di Amore, letteralmente moriamo di fame d’Amore.
 
Un giovane pastore una notte vide scendere dal cielo su di una stella una fanciulla bellissima, di una bellezza da lui mai contemplata; si innamorò subito di lei e le chiese di restare. Vissero insieme felicemente per molti anni ma un giorno lei gli disse che doveva tornare al suo pianeta che si trovava molto lontano nel cielo. Lui la implorò di restare perchè lei era la causa della sua felicità e se se ne fosse andata la sua vita non avrebbe avuto più senso. La giovane lo guardò negli occhi con dolcezza e disse: “Mio amato, non lo sapevi che ogni cosa in questo mondo prima o poi deve finire?”.
 
Sembrerebbe quindi non esserci soluzione al dolore, alla possibilità di trovare la felicità eterna dall’uomo tanto agognata.
 
Queste riflessioni sono sicuramente note a tutti ma chi veramente decide di uscire da questo gigantesco gioco cosmico? Chi veramente con totale onestà verso se stessa/o fa scendere queste realizzazioni nelle profondità del suo essere e le abbraccia come il primo ed essenziale scopo della vita?
 
Io molte volte, come il minatore del racconto, ho agognato la realizzazione di un desiderio, magari considerandolo l’ultimo gradino per la felicità; molte volte, come il giovane pastore della storia, sono rimasto stupito e con il cuore spezzato quando le persone che amavo per qualche motivo uscivano dalla mia vita e allora una voce sussurrava: “Ma come! Non lo sapevi che tutte le cose di questo mondo devono finire?”, si lo sapevo ma non ci volevo credere con tutto il mio essere, non avevo ancora scelto di abbandonare l’illusione anche se sapevo che era tale.
 
Gli gnostici affermano esserci tre categorie di uomini: gli Ilici, gli Psichici e i Pneumatici. I primi vivono solo per soddisfare i loro desideri, spesso di bassa natura, non si pongono domande, non hanno fede o intuizioni di cose superiori a quelle rappresentate dai loro desideri; gli Psichici, sebbene abbiano gli stessi desideri degli Ilici, hanno la capacità di riflettere su temi esistenziali, comprendendo che il desiderio di cose mortali non li potrà appagare, hanno la possibilità di scelta a differenza degli Ilici, possono abbandorare l’illusione e ricercare la Conoscenza, la Gnosi. Gli Pneumatici invece posseggono la Gnosi, la vera conoscenza, sono i salvati, i saggi, coloro che “vedono”.
 
Questa semplice tripartizione può essere usata per chiedersi: “Io, dove sono? Dove sono oggi? Sono un Ilico in preda all’illusione, sono uno Psichico che ha compreso ma che in fondo ancora asseconda i desideri del mondo nella speranza di qualche gioia consolatrice o sono un Pneumatico, che ha fatto sue profondamente le verità comprese con l’intelletto facendole scendere nel sue essere, fino a farle coincidere con il suo profondo volere?”.
 
A ciascuno, poi, tocca la scelta di come costruire la propria pars costruens, a noi tocca indagare, ascoltare e sentire a quale strada appartiene il nostro passo. Intorno ai vent’anni avevo compreso con chiarezza che il desiderio mondano era come un vicolo cieco, e rischiavo seriamente di cadere nel pessimismo e nel nichilismo. Decisi però di ricercare: la sete e la fame di gioia, d’amore, di verità reclamavano il loro diritto. A noi tocca cercare quel desiderio che ci libererà da tutti i desideri e poi, una volta trovato, consegnarlo al nostro cuore e lasciarlo crescere.
 
Il Buddha scelse la strada della discriminazione tipica delle vie negative dello jnana, c’è invece chi sceglie di desiderare e agire per il bene altrui attraverso l’azione, il karma yoga, c’è chi infine segue la via dell’Amore divino, la Bhakti, desiderando Amore e solo Amore come destinatario del suo volere e, come ben spiega Matsyavatara Prabhu (Marco Ferrini), Amore è personificato da Shrimati Radharani.
  
Volevo lasciarvi alcuni schematici punti pratici per trasformare il desiderio da problema a soluzione:
 
Cerca in te quel desiderio che veramente la tua anima reclama, non fermarti ai desideri più superficiali. Prenditi del tempo per ascoltarti, per ascoltare la voce del cuore che parla al tuo intelletto, prima come un bisbiglio, poi sempre più chiaramente e infine con forza calma, sicura e autodisvelatrice.
 
Come riconoscere il desiderio del cuore?
 
a) Non è mosso da una paura, tipo: voglio quel lavoro perché ho paura di non trovarne altri, di morire di fame, perché senza un lavoro non sarò accettato nella società. Voglio un/a compagna/o perché ho paura della solitudine; voglio una posizione di potere perché sennò non ho valore come persona, perché altrimenti verrò schiacciato dagli altri.
 
b) Deve essere un desiderio ricorrente che ritorna nella tua vita e forse c’è sempre stato, non un desiderio che passa e che muta con lo scorrere del tempo.
 
c) Deve essere qualcosa che ti fa bene, che ti fa sentire bene, ti illumina, ti fa battere il cuore, ti muove emozioni luminose, ti ispira.
 
d) Deve essere libero dalla coppia di opposti di successo-insucceso; il solo perseguirlo è già fonte di gioia, liberazione, appagamento e realizzazione al di là dell’effettivo risultato sul piano mondano. Sono i famosi desideri di autoaccrescimento di Maslow, contrapposti ai bisogni di privazione.
 
e) Deve essere fonte di benessere per tutti non solo per noi. Questo non vuol dire pensare di diventare i salvatori del mondo ma solo che ciò che è vero bene per noi lo sarà automaticamente anche per gli altri e viceversa, il Bene è per tutti o non è vero bene.
 
P.S.: non chiedete agli altri qual è il vostro sogno, ne rimarreste solo confusi, gli altri possono dirvi i loro sogni non il vostro, perché solo voi conoscete il vostro sogno e solo il vostro cuore può rivelarvelo. Anche se qualcuno vi dicesse qual è, ma voi non lo aveste ancora consapevolizzato, non potreste riconoscerlo. Quante volte siamo passati davanti al nostro sogno ma non lo abbiamo riconosciuto.
 
Umberto Petrosino
(psicologo psicoterapeuta, ha approfondito gli studi in filosofia e psicologia vedica con la York University e il Centro Studi Bhaktivedanta. Collabora con associazioni e istituzioni come psicologo, in particolare divulgando una prassi psicologica che contempli anche il livello spirituale)